domenica 8 aprile 2018

Dichiarazione di Roma del 7 aprile 2018


Trascrivo e sottoscrivo la Dichiarazione finale del convegno "Chiesa cattolica, dove vai?" che si è svolto a Roma il 7 aprile 2018. 
A causa di interpretazioni contraddittorie dell’esortazione apostolica "Amoris laetitia", tra i fedeli nel mondo si diffondono sconcerto e confusione crescenti.
L’urgente richiesta da parte di circa un milione di fedeli, di più di 250 studiosi e anche di cardinali di una risposta chiarificatrice del Santo Padre a queste domande non è stata finora ascoltata.
Nel grave pericolo venutosi a creare per la fede e l’unità della Chiesa noi, membri battezzati e cresimati del Popolo di Dio, siamo chiamati a riaffermare la nostra fede cattolica.
Ci autorizza e ci incoraggia a farlo il Concilio Vaticano II, che nella "Lumen gentium" al n. 33 afferma: "Così ogni laico, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa 'secondo la misura del dono del Cristo' (Ef 4, 7)".
Ci incoraggia a farlo anche il beato John Henry Newman, che nel suo scritto, si può dire profetico, "On Consulting the Faithful in Matters of Doctrine", già nell’anno 1859 indicava l’importanza della testimonianza di fede da parte dei laici.
Perciò noi testimoniamo e confessiamo in accordo con l’autentica tradizione della Chiesa che:
1) il matrimonio tra due battezzati, rato e consumato, può essere sciolto solo dalla morte.
2) Perciò i cristiani che, uniti da un matrimonio valido, si uniscono a un’altra persona mentre il loro coniuge è ancora in vita, commettono il grave peccato di adulterio.
3) Siamo convinti che esistono comandamenti morali assoluti, che obbligano sempre e senza eccezioni.
4) Siamo anche convinti che nessun giudizio soggettivo di coscienza può rendere buona e lecita un’azione intrinsecamente cattiva.
5) Siamo convinti che il giudizio sulla possibilità di amministrare l’assoluzione sacramentale non si fonda sull’imputabilità o meno del peccato commesso, ma sul proposito del penitente di abbandonare un modo di vita contrario ai comandamenti divini.
6) Siamo convinti che i divorziati risposati civilmente e non disposti a vivere nella continenza, trovandosi in una situazione oggettivamente in contrasto con la legge di Dio, non possono accedere alla Comunione eucaristica.
Il nostro Signore Gesù Cristo dice: "Se rimanete nella mia parola siete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 31-32).
Con questa fiducia confessiamo la nostra fede davanti al Supremo Pastore e Maestro della Chiesa e davanti ai vescovi e chiediamo loro di confermarci nella fede.

venerdì 2 marzo 2018

Due osservazioni su papa Francesco

Molti, più preparati di me, sono già intervenuti rivolgendo appelli o critiche a sua santità, papa Francesco. Quì voglio focalizzare l'attenzione su due osservazioni che altrove non ho letto.

La prima osservazione è di metodo.
Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium, nel paragrafo  intitolato Il tempo è superiore allo spazio (EG 222-225), scrive:

"Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci." (EG 223).

La fisica newtoniana distingue come due realtà diverse il tempo e lo spazio, ma dal 1905, con la Teoria della relatività generale di Albert Einstein, il tempo non è più una realtà a sé, bensì è la quarta dimensione dello spazio. Nella visione della fisica contemporanea la superiorità del tempo sullo spazio, insegnata dal romano pontefice regnante è priva di senso. Ma non è questa la mia osservazione.
Papa Francesco afferma che: Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi, ed ancora: Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società.
Egli vuole privilegiare il tempo rispetto allo spazio. Tale visione plasma coerentemente le sue azioni, suscitando l'interesse divertito dei media, scaltramente venduto come la grande novità di questo papa, la nuova primavera della Chiesa.
Ma è compito del Romano Pontefice iniziare processi?
Spetta alla sacra Gerachia generare nuovi dinamismi?
Lungo la storia bimillenaria della Chiesa questo ruolo è sempre stato svolto dai movimenti carismatici, sia religiosi che laicali: il monachesimo nel IV secolo, Cluny e poi Citeaux nell'alto medioevo, gli ordini mendicanti e le confraternite nel basso medioevo, la riforma cattolica nel rinascimento, le congregazioni missionarie nel XIX secolo, i nuovi movimenti ed in particolare il pentecostalismo nel XX secolo. Questi processi non sono stati iniziati dalla gerarchia, ma da alcuni uomini e donne scelti e inviati dallo Spirito Santo, i carismatici.
La gerarchia si è sempre limitata prima a discernere se quella novità era da Dio, poi a valutare come integrarla dentro la compagine ecclesiale, a fare sì che il nuovo fosse orientato al bene di tutta la Chiesa e non al solo bene del singolo carismatico, o del suo gruppetto.
Per fare questo la gerarchia non può recitare due ruoli. Proprio per il bene maggiore che è quello comune. Scrive san Polo ai Corinzi:
"Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo" (1Cor 12,17-20).
Ecco forse manca la distinzione tra ciò che spetta alla gerarchia e ciò che spetta al resto del popolo di Dio: la gerarchia ha il carisma della sintesi, ma non la sintesi dei carismi. La gerarchia, papa compreso, deve lasciare che i processi, i nuovi dinamismi siano iniziati dal popolo santo di Dio ispirato dallo Spirito Santo. Il papa... si accontenti di fare il papa. E lo faccia, senza confusioni di ruoli.


E veniamo alla seconda osservazione.
Ritornando dalla GMG in Brasile, il 28 luglio 2013 durante la conferenza stampa in aereo, papa Francesco ha conquistato l'adorazione dei media e non solo, rispondendo alla domanda della giornalista Ilze Scamparini: "Come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della lobby gay?". La risposta di sua santità è stata ridotta alla domanda retorica: "Chi sono io per giudicarla?". Non mi interessa il tema dell'omosessualità, bensì il tema del giudicare. Con questa battuta di cinque parole ha inchiodato la bara dove giace il buon senso e l'intelligenza umana.

Provo a rispondere alla domanda retorica formulata da sua Santità, con tre risposte simili che motivano il dovere di giudicare.
Lei deve giudicare perchè è un uomo, al quale Dio ha dato un'anima intelligente, cioè capace di giudicare il bene da fare ed il male da evitare.
Lei deve giudicare perché è un cristiano che ha ricevuto l'unzione battesimale grazie al quale può giudicare ciò che è secondo il vangelo di Gesù Cristo.
Lei deve giudicare perché è un ministro di Dio, consacrato con l'unzione sacerdotale, e coi suoi confratelli vescovi, a voi spetta il potere di legare e sciogliere.
Lei deve giudicare perché in virtù dell'elezione a vescovo di Roma e della sua libera accettazione, è il supremo pastore e maestro della fede, a lei spetta, dopo essersi convertito al Signore, di confermare i fratelli nella fede.


Terza ed ultima osservazione.
Tra le tante cose fatte o dette da papa Francesco e che sono state causa di amarezza, una prevale su tutte.
Da essa discendono tanti problemi, la situazione di crisi ed il clima da guerra civile nella Chiesa.
Si tratta della decisione con cui papa Francesco ha imposto, contro il regolamento del Sinodo dei Vescovi, di inserire nell'elenco finale delle propositiones del primo Sinodo sulla Famiglia, due proposte che erano state bocciate dal Sinodo: quella sulla comunione ai divorziati risposati e quella sull'omosessualità.
Quella decisione mancò di rispetto al Sinodo dei Vescovi e alla necessità di rispettare le leggi della Chiesa.

domenica 5 novembre 2017

Pubblico la lettera aperta di padre Thomas G. Weinandy, O.F.M. Cap. al santo padre perché ne condivido il contenuto e la forma.
Padre Weinandy è un stimato teologo cappuccino statunitense, nominato membro della Commissione Teologica Internazionale da papa Francesco nel 2014.
Vive a Washington DC, nella Mother of God Community, una comunità carismatica cattolica ed ecumenica.


Ha scritto la lettera al papa, dopo aver chiesto e ricevuto un segno dal Signore, come egli stesso racconta nella nota seguente:

Last May I was in Rome for an International Theological Commission meeting.  I was staying at Domus Sanctae Marthae, and since I arrived early, I spent most of the Sunday afternoon prior to the meeting on Monday in Saint Peter’s praying in the Eucharistic Chapel.  I was praying about the present state of the Church and the anxieties I had about the present Pontificate.  I was beseeching Jesus and Mary, St. Peter and all of the saintly popes who are buried there to do something to rectify the confusion and turmoil within the Church today, a chaos and an uncertainty that I felt Pope Francis had himself caused.  I was also pondering whether or not I should write and publish something expressing my concerns and anxiety.  On the following Wednesday afternoon, at the conclusion of my meeting, I went again to St. Peter’s and prayed in the same manner.  That night I could not get to sleep, which is very unusual for me.  It was due to all that was on my mind pertaining to the Church and Pope Francis.  At 1:15 AM I got up and went outside for short time.  When I went back to my room, I said to the Lord: “If you want me to write something, you have to give me a clear sign.  This is what the sign must be.  Tomorrow morning I am going to Saint Mary Major’s to pray and then I am going to Saint John Lateran.  After that I am coming back to Saint Peter’s to have lunch with a seminary friend of mine.  During that interval, I must meet someone that I know but have not seen in a very long time and would never expect to see in Rome at this time.  That person cannot be from the United States, Canada or Great Britain.  Moreover, that person has to say to me in the course of our conversation, ‘Keep up the good writing’.”
The next morning I did all of the above and by the time I met my seminarian friend for lunch what I had asked the Lord the following night was no longer in the forefront of my mind.  However, towards the end of the meal an archbishop appeared between two parked cars right in front of our table (we were sitting outside).  I had not seen him for over twenty years, long before he became an archbishop.  We recognized one another immediately.  What made his appearance even more unusual was that, because of his recent personal circumstances, I would never have expected to see him in Rome or anywhere else, other than in his own archdiocese.  (He was from none of the above mentioned countries.)  We spoke about his coming to Rome and caught up on what we were doing.  I then introduced him to my seminarian friend.  He said to my friend that we had met a long time ago and that he had, at that time, just finished reading my book on the immutability of God and the Incarnation.  He told my friend that it was an excellent book, that it helped him sort out the issue, and that my friend should read the book.  Then he turned to me and said: “Keep up the good writing.”
I could hardly believe that this just happened in a matter of a few minutes.  But there was no longer any doubt in my mind that Jesus wanted me to write something.  I also think it significant that it was an Archbishop that Jesus used.  I considered it an apostolic mandate.  So giving it considerable thought and after writing many drafts, I decided to write Pope Francis directly about my concerns.  However, I always intended to make it public since I felt many of my concerns were the same concerns that others had, especially among the laity, and so I publicly wanted to give voice to their concerns as well.


Questo è il testo della lettera aperta.

Santità,
            scrivo questa lettera con amore per la Chiesa e rispetto sincero per il suo ufficio. Lei è il Vicario di Cristo sulla terra, il pastore del suo gregge, il successore di san Pietro e quindi la roccia su cui Cristo costruisce la sua Chiesa. Tutti i cattolici, clero e laicato assieme, devono guardare a lei con fedeltà e obbedienza filiali, fondate sulla verità. La Chiesa si rivolge a lei in uno spirito di fede, con la speranza che lei la guiderà nell'amore.
   Tuttavia, Santità, una confusione cronica sembra contrassegnare il suo pontificato. La luce della fede, della speranza e dell'amore non è assente, ma troppo spesso è oscurata dall'ambiguità delle sue parole e azioni. Ciò alimenta nei fedeli un crescente disagio. Indebolisce la loro capacità di amore, di gioia e di pace. Mi consenta di offrire alcuni brevi esempi.
   In primo luogo c'è il controverso capitolo 8 di "Amoris laetitia". Non c’è bisogno qui di dire le mie personali preoccupazioni riguardo al suo contenuto. Altri, non solo teologi ma anche cardinali e vescovi, lo hanno già fatto. La fonte principale di preoccupazione è il modo con cui lei insegna. In "Amoris laetitia", le sue indicazioni a volte sembrano intenzionalmente ambigue, e in questo modo indirizzano sia a un'interpretazione tradizionale dell'insegnamento cattolico sul matrimonio e il divorzio, sia a un’altra interpretazione che potrebbe implicare un cambiamento in quell'insegnamento. Come lei nota giustamente, i pastori dovrebbero accompagnare e incoraggiare le persone in situazioni matrimoniali irregolari; ma l'ambiguità persiste sul vero significato di questo "accompagnamento". Insegnare con una tale mancanza di chiarezza, per di più apparentemente voluta, inevitabilmente conduce al pericolo di peccare contro lo Spirito Santo, lo Spirito della verità. Lo Spirito Santo è dato alla Chiesa, e in particolare a lei, per sconfiggere l'errore, non per favorirlo. Inoltre, solo dove c'è verità può esserci amore autentico, perché la verità è la luce che rende liberi uomini e donne dalla cecità del peccato, un'oscurità che uccide la vita dell'anima. Eppure sembra che lei censuri e persino derida coloro che interpretano il capitolo 8 di "Amoris laetitia" in accordo con la tradizione della Chiesa, come se fossero dei farisei che tirano le pietre e incarnano un rigorismo privo di misericordia. Questo tipo di calunnia è alieno dalla natura del ministero petrino. Alcuni dei suoi consiglieri, purtroppo, sembrano impegnarsi in azioni del genere. Tale comportamento dà l'impressione che i suoi punti di vista non possano sopravvivere a delle verifiche teologiche, e quindi debbano essere tenuti in piedi da argomenti "ad hominem".
   In secondo luogo, troppo spesso la sua maniera d'agire sembra declassare l'importanza della dottrina della Chiesa. Ripetutamente lei descrive la dottrina come una cosa morta e libresca, lontana dalle preoccupazioni pastorali della vita quotidiana. I suoi critici sono stati accusati, stando alle sue stesse parole, di fare della dottrina un'ideologia. Ma è precisamente la dottrina cristiana – comprese le distinzioni sottili fatte a riguardo di credenze centrali come la natura trinitaria di Dio, la natura e le finalità della Chiesa, l'incarnazione, la redenzione, i sacramenti – che libera le persone dalle ideologie mondane e garantisce che effettivamente predichino e insegnino l'autentico e vivificante Vangelo. Coloro che svalutano le dottrine della Chiesa si separano da Gesù, autore della verità. Ciò che essi possiedono, e solo questo possono possedere, è un'ideologia che si conforma al mondo del peccato e della morte.
   In terzo luogo, i fedeli cattolici possono essere solo sconcertati dalle sue nomine di certi vescovi, uomini che non solo appaiono aperti verso quanti hanno una visione contrapposta alla fede cristiana, ma addirittura li sostengono e difendono. Ciò che scandalizza i credenti, e anche alcuni colleghi vescovi, non è solo il fatto che lei ha scelto tali uomini per essere pastori della Chiesa, ma anche che lei sembra stare in silenzio di fronte a ciò che insegnano e alla loro pratica pastorale. Questo indebolisce lo zelo dei molti uomini e donne che hanno sostenuto l’insegnamento cattolico autentico per lunghi periodi di tempo, spesso a rischio della loro reputazione e serenità. Il risultato è che molti dei fedeli, che incarnano il "sensus fidelium", stanno perdendo fiducia nel loro supremo pastore.
   Quarto, la Chiesa è un corpo unico, il Corpo mistico di Cristo, e lei ha il mandato dal Signore stesso per promuovere e rafforzare la sua unità. Ma le sue azioni e parole troppo spesso sembrano intente a fare il contrario. Incoraggiare una forma di "sinodalità" che permette e promuove diverse opzioni dottrinali e morali all'interno della Chiesa può solo portare a una maggior confusione teologica e pastorale. Una tale sinodalità è insipiente e di fatto agisce contro l'unità collegiale tra i vescovi.
   Padre Santo, questo mi porta alla mia preoccupazione finale. Lei ha parlato spesso della necessità della trasparenza all'interno della Chiesa. Lei ha incoraggiato spesso, soprattutto durante i due sinodi passati, tutte le persone, specialmente i vescovi, a parlare francamente e a non aver paura di ciò che il papa potrebbe pensare. Ma lei ha notato che la maggioranza dei vescovi di ​​tutto il mondo stanno fin troppo in silenzio? Perché è così? I vescovi imparano alla svelta, e ciò che molti di loro hanno imparato dal suo pontificato non è che lei è aperto alla critica, ma che lei non la sopporta. Molti vescovi stanno in silenzio perché desiderano essere leali con lei, e quindi non esprimono – almeno in pubblico; in privato è un’altra cosa – le preoccupazioni che il suo pontificato alimenta. Molti temono che se parlassero con franchezza sarebbero emarginati o peggio.
   Mi sono spesso chiesto: "Perché Gesù ha lasciato che tutto questo accada?" L'unica risposta che mi viene in mente è che Gesù vuole manifestare proprio quanto debole sia la fede di molti all'interno della Chiesa, anche fra troppi dei suoi vescovi. Ironia della sorte, il suo pontificato ha dato a coloro che sostengono punti di vista teologici e pastorali rovinosi la licenza e la sicurezza di uscire in piena luce e di esibire la loro oscurità precedentemente nascosta. Nel riconoscere questa oscurità, la Chiesa umilmente sentirà il bisogno di rinnovare se stessa e così continuare a crescere in santità.
   Padre Santo, prego per lei costantemente e continuerò a farlo. Che lo Spirito Santo la guidi alla luce della verità e alla vita dell'amore, così che lei possa rimuovere l'oscurità che ora nasconde la bellezza della Chiesa di Gesù.
   Sinceramente in Cristo,
Thomas G. Weinandy, O.F.M., Cap.

31 luglio 2017, Festa di S. Ignazio di Loyola

venerdì 13 ottobre 2017

Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!".
Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!".
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.
(Gv 19,25-27)

Jacopino da Reggio, 1285

Le due parole di Gesù in croce: “Donna, ecco tuo figlio” e “Ecco tua madre”, sono una sola consegna indivisibile:
1. la consegna dei discepoli di Gesù a sua madre
2. la consegna della madre di Gesù ai suoi discepoli
Questa reciproca consegna dei discepoli alla madre e della madre ai discepoli è stata pensata, voluta e compiuta da Gesù e sulla sua volontà divino-umana si fonda:
1. Gesù ci ha consegnati a Maria, siamo stati affidati a lei
2. Gesù ci ha consegnato Maria, ha affidato sua madre a noi
Di ciò possiamo solo prendere atto e farne memoria. Prendere atto che per volontà di Gesù sua madre è diventata nostra madre da quando Gesù ci ha consegnati a lei quali figli. Fare memoria che la relazione con Maria, madre di Gesù e madre nostra, dipende e si regge interamente sulla volontà di Gesù, siamo diventiamo figli nel Figlio, come canta Dante nell’Orazione alla Vergine posta sulle labbra di san Bernardo: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio,” (Paradiso XXXIII,1-3).
Con la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria facciamo nostra questa reciproca consegna operata dal nostro Salvatore. Vogliamo cercare e trovare rifugio nel suo Cuore immacolato e desideriamo che Maria trovi rifugio in noi.

Beato Angelico, 1419-20
CHI CONSACRA
Può consacrare il cristiano pienamente iniziato, ovvero battezzato, cresimato e comunicato. L’atto di consacrare (attivo) si fonda sulla consacrazione battesimale (passivo) con cui Gesù Cristo per mezzo della sua Chiesa ha liberato l’uomo dal peccato e lo ha conformato a se stesso, ovvero l’ha unito alla sua consacrazione al Padre.
Il cristiano che consacra esercita il sacerdozio comune con il quale, unito a Cristo unico sommo sacerdote, offre se stesso a Dio quale sacrificio vivente e logico, in virtù dell’unzione crismale; tale esercizio si rinnova nella riconciliazione con la quale si viene liberati dai peccati di cui ci si è pentiti e che si è confessati, venendo ricostituiti nella gloria dei figli di Dio, ovvero capaci di offrirsi a Dio realizzando la santa Eucaristia ricevuta.

   COSA CONSACRA
Ogni cristiano può consacrare se stesso.
Il ministro può consacrare la comunità che gli è stata affidata:

  • gli sposi possono consacrare la loro famiglia
  • il diacono può consacrare il servizio che gli è affidato
  • il sacerdote può consacrare la comunità che gli è affidata


Bernardo Daddi, 1345-48

   A CHI CONSACRA
Al Cuore Immacolato di Maria.
Maria è la creatura più vicina a Gesù Cristo perché lo ha generato nella carne: Gesù ha ricevuto la sua umanità da Maria.
In Lei tutto è orientato a Gesù, il Figlio unigenito del Padre, come si può apprezzare nella preghiera dell’Ave Maria che culmina nel nome benedetto, adorabile ed amabile di Gesù. L’adagio “per Maria ad Jesum” insegna che Gesù è la meta della vita cristiana, meta cui si arriva per mezzo di Maria; e quando si dice Maria, s’intende simultaneamente la persona storica singolare di Maria, la figlia di Gioacchino e Anna, la sposa di Giuseppe, la madre del Messia e la persona della Chiesa, in quanto Corpo di Cristo, Popolo di Dio e Tempio dello Spirito Santo.
Il Cuore Immacolato di Maria è il simbolo sintetico di questa donna. In lei tutto è per grazia di Dio, in lei tutto è dedicato a Dio. Il titolo di Immacolata non è un privilegio idolatrico di Maria che la separa dalle altre creature, bensì è la conferma mariana del primato della grazia di Dio nella storia della salvezza. La sua perfetta obbedienza di fede a Dio che si rivela e che si incarna in lei, nel suo cuore e nel suo utero, si fonda integralmente sulla perfetta obbedienza di fede di Gesù, una sola cosa con la sua identità di Verbo incarnato: Egli è il Figlio unigenito, pienamente obbediente alla volontà di Dio suo Padre.
Il Cuore Immacolato di Maria è la perfetta immagine della divina figliolanza perché in lei, nel suo cuore immacolato, è perfettamente rivelata la predestinazione a divenire figli nel Figlio.
Ella in quanto madre di Dio è madre di ciascun discepolo di suo Figlio: Gesù stesso, poco prima di morire e di essere strappato a lei, ha consegnato il discepolo prediletto, in propria vece e nel discepolo, ogni discepolo.

Lorenzo monaco, 1400-5

   PERCHE' CONSACRARE
Per far proprio volontariamente la consegna fatta da Gesù in Croce a sua Madre del discepolo: ciascun discepolo è singolarmente consegnato da Gesù a sua madre e nella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria ci si consegna a lei, accogliendo personalmente l’ultima volontà di Gesù, sia l’essere consegnati da Gesù a sua madre come suoi figli, sia ricevere in consegna sua madre come la propria.

   QUANDO CONSACRARE
In una delle feste mariane dell’anno liturgico, oppure in un sabato, giornata settimanale dedicata a Maria. Bello sarebbe farlo durante l’anno centenario di Fatima (1917-2017).

   COME CONSACRARE
Recitando l’atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Prima di compiere l’atto di consacrazione è necessario confessarsi per assomigliare al Cuore Immacolato di Maria cui ci si consacra. Sarebbe auspicabile compiere l’atto di consacrazione dopo aver ricevuto la ss. Eucaristia, ma ciò non è necessario.

Zanino di Piero

formula personale
O Dio che nel Cuore Immacolato di Maria
hai trovato la degna dimora al tuo Verbo incarnato
facendone un roveto ardente d’amore per Te e per il mondo,
infondi in me il tuo Spirito Santo.
Io … [NN] consacro me stesso al Cuore Immacolato di Maria.
Voglio cercare rifugio nel suo Cuore Immacolato e offro il mio cuore quale umile rifugio per Maria nostra madre. Facendo mie le parole di Gesù in croce: Ecco tua madre, ecco tuo figlio, mi affido alla sua divina maternità e accolgo la sua presenza nella mia vita. Amen

formula familiare
O Dio che nel Cuore Immacolato di Maria
hai trovato la degna dimora al tuo Verbo incarnato
facendone un roveto ardente d’amore per Te e per il mondo,
infondi in noi il tuo Spirito Santo.
Noi  … [NN] e … [NN] in qualità di sposi in Cristo
consacriamo la nostra famiglia al Cuore Immacolato di Maria.
Vogliamo cercare rifugio nel suo Cuore Immacolato e offriamo i nostri cuori quale umile rifugio per Maria nostra madre. Facendo nostre le parole di Gesù in croce: Ecco tua madre, ecco tuo figlio, ci affidiamo alla sua divina maternità e accogliamo la sua presenza nella nostra famiglia. Amen

formula comunitaria
O Dio che nel Cuore Immacolato di Maria
hai trovato la degna dimora al tuo Verbo incarnato
facendone un roveto ardente d’amore per Te e per il mondo,
infondi in noi il tuo Spirito Santo.
Io … [NN] in qualità di … [titolo del ministro]
consacro al Cuore Immacolato di Maria … [nome della comunità].
Vogliamo cercare rifugio nel suo Cuore Immacolato e offriamo i nostri cuori quale umile rifugio per Maria nostra madre. Facendo nostre le parole di Gesù in croce: Ecco tua madre, ecco tuo figlio, ci affidiamo alla sua divina maternità e accogliamo la sua presenza nella nostra comunità.

Lippo di Dalmasio 1411, Madonna dell'umiltà

   E POI…
La consacrazione non è fine a se stessa, ma genera storia, forma la vita; non è una magia autosufficiente, esige l’impegno personale e comunitario per costruire la propria storia della salvezza con Maria santissima.
Propongo due tipi di impegni:
1. riscoprire la nostra storia, approfondendo la vita di un santo ogni settimana
2. costruire il nostro futuro:
a. mi impegno a vivere le sette opere di misericordia corporale
b. mi formo attraverso le sette opere di misericordia spirituale
c. prego ogni giorno il santo Rosario


lunedì 20 marzo 2017

MISTERI DI SAN GIUSEPPE

San Giuseppe, "figlio di Davide" (Mt 1,20).
La Scrittura identifica così lo sposo di Maria, incaricato dall'angelo di essere padre legale di Gesù. Essendo discendente di Davide Giuseppe è l'erede della promessa messianica fatta alla casa di Davide, per mezzo del profeta Natan: "Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno" (2Sam 7,12).
Tutto qua, dirai?
Il mistero del Messia d'Israele, il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, dipende tutto dall'assenso umano di Maria e Giuseppe. Maria per quanto riguarda la dimensione carnale, il crudo fatto biologico del concepimento, l'annidamento nel suo utero del suo ovulo fecondato dallo Spirito Santo; Giuseppe per quanto riguarda la dimensione giuridica, il riconoscimento paterno che introduce il frutto del grembo materno, il figlio di Maria, nella storia della salvezza, costituendolo erede della promessa davidica, legittimando così la futura pretesa di essere il Messia promesso a Davide.

Questi potrebbero essere i Misteri gaudiosi di san Giuseppe.
Potrebbe essere opportuno meditarli il lunedì, per lasciare il Sabato, per tradizione giornata mariana, alla meditazione dei misteri gaudiosi di Maria santissima.

1. Annunciazione a san Giuseppe
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati".
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù. (Mt 1,20-21.24-25)
Georges de La Tour, Il sogno di san Giuseppe, 1640

2. Fuga in Egitto della santa Famiglia
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo".
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio". (Mt 2,13-15)
Adam Elsheimer, Fuga in Egitto, 1609

3. Giuseppe ritorna dall'Egitto
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: "Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino". Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. (Mt 2,19-21)

Tintoretto, Fuga in Egitto - dettaglio, 1582-7
4. Giuseppe si ritira a Nazaret
Avvertito poi in sogno, Giuseppe si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: "Sarà chiamato Nazareno". (Mt 2,22-23)

Murillo, Santa Famiglia, 1640
5. Vita della santa Famiglia a Nazaret
Gesù scese dunque con Maria e Giuseppe, venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.  (Lc 2,51)
Georges de La Tour, Gesù e Giuseppe in falegnameria, 1645

domenica 18 dicembre 2016

Gli affreschi della ex Chiesa di santa Giulia in Paitone

Nel Presbiterio della ex Chiesa di santa Giulia in Paitone le pareti affrescate sono due, quella orientale ove sono identificabili sette giornate, e quella settentrionale dove è rimasta una porzione di affresco raffigurante santa Giulia. Gli affreschi della parete orientale sono distribuiti su due registri. In quello inferiore due Madonne in trono col Bambino alle due estremità, nel registro superiore vi sono due Madonne in trono col Bambino sempre alle estremità, al centro da sinistra a destra tre santi così identificati: san Bernardo da Chiaravalle, santa Giulia e sant’Antonio abate. Le quattro Madonne in trono con il Bambino e san Bernardo sono integri, santa Giulia e sant'Antonio abate sono frammentari.


Cornice della Madonna in trono registro inferiore lato sinistro


Nella cornice della Madonna inferiore a sinistra si legge la seguente iscrizione latina: “HOC OPUS FECIT IACOPA UXOR PASQUINI CHIODIS MENSIS APRIL DIE 15 150_”. L’ultima cifra dell’anno è illeggibile, quindi l’affresco risale alla prima decade del XVI secolo (1500-09), una ventina di anni prima degli affreschi dipinti da Floriano Ferramola (1480 ca- 1528) nel Coro delle Monache della Chiesa del Monastero di Santa Giulia di Brescia, titolare della cappellania e proprietario di beni fondiari a Paitone.

Coro delle Monache, Monastero di Santa Giulia - Brescia 


Le Madonne in trono sono raffigurate come eleganti e sobrie signore sedute in trono, il divino Bambino è ciò che le differenzia. Riquadro inferiore sinistro. Gesù benedicente siede sulla coscia materna destra, la mano sinistra del bambino poggia sul suo ginocchio sinistro; la Madonna è incoronata, il volto leggermente reclinato verso destra, indossa una tunica rossa ed un manto oro. Questo è l'affresco più rovinato.

Madonna in trono col Bambin Gesù, registro inferiore lato sinistro
Riquadro superiore sinistro. Gesù, vestito di una corta tunica bianca fermata in vita da una cintura dorata, è addormentato prono sulle gambe della madre, con le mani incrociate sotto il capo e la piccola gamba destra piegata e incrociata sulla sinistra, un particolare intriso di realismo; la Madre con la mano sinistra accarezza la testa del Figlio, mentre con la destra sorregge un libro; la Madonna ha il volto girato verso sinistra, veste un abito rosso ed un manto azzurro e verde all’interno, fermato da un fermaglio a forma di fiore a sei petali bianchi, indossa una candida corta cuffia, da cui si intravedono i capelli.
Madonna in trono col Bambin Gesù, registro superiore lato sinistro
Riquadro superiore destro. Gesù è seduto sulla coscia destra di Maria, al collo porta una collana di corallo rosso, con la sinistra regge un cardellino, mentre appoggia la mano destra sul proprio ginocchio destro, nell'aureola è iscritta la croce; la Madonna ha il volto leggermente girato verso destra, indossa un abito rosso scuro coperto da un manto esternamente scuro (blu o nero) e internamente verde, bordato d’oro.
Madonna in trono col Bambin Gesù, registro superiore lato destro
Riquadro inferiore destro. Gesù sta in piedi sulla coscia sinistra della madre, il Bimbo, assai rovinato, sembra nudo, tiene con la sua destra la destra della Madonna che si presume con la mano sinistra sorregga il Figlio; la Madonna indossa un abito scuro ed un manto rosso, con l’interno bianco, pure bianco è il velo che scende fin sulle spalle, mentre capelli biondo scuro delineano il bel volto, l'unico dipinto frontalmente.

Madonna in trono col Bambin Gesù, registro inferiore lato destro
Tra le due Madonne del registro superiore sono raffigurati tre santi, riconoscibili per i particolari che li contraddistinguono. San Bernardo indossa il candido abito dei cistercensi, con la destra benedice e con la sinistra regge il pastorale abbaziale, mentre un piccolo demone sta ai suoi piedi sulla sinistra che lo guarda.
San Bernardo da Clairvaux
Santa Giulia incoronata occupa la posizione centrale che le spetta quale titolare della Chiesa, con la destra regge la croce, strumento del suo martirio, mentre con la sinistra tiene il lembo del rosso mantello bordato d’oro ed il libro dei Vangeli.
Santa Giulia
Sant’Antonio abate ha l’abito scuro dei monaci, con la mano destra benedice e a questo polso è appeso il classico campanello che ne consente l'identificazione, mentre con la sinistra regge il pastorale quale padre di tutti i monaci cristiani; l'affresco è privo del volto e dei piedi.
Sant'Antonio abate

venerdì 16 dicembre 2016

Il sorprendente ritrovamento degli affreschi nella ex Chiesa di Santa Giulia in Paitone

Trentadue anni or sono, sotto il pontificato di san Giovani Paolo II (1920-2005), durante l'episcopato bresciano di mons. Bruno Foresti (1983-98), mentre era parroco di Paitone don Angelo Treccani (1979-93), inaspettatamente tornarono alla luce gli affreschi del presbiterio della ex Chiesa di santa Giulia in Paitone. Tale Chiesa era stata abbattuta quasi del tutto nei primi due decenni del XIX secolo: nel 1802 venne abbattuta la torre campanaria e nel 1822 anche la Chiesa venne atterrata, ad eccezione del presbiterio e della sagrestia, inglobate entrambe nella Canonica. Presumo che ciò avvenne dopo aver ricoperto gli affreschi che così da un lato vennero preservati, ma dall'altro furono dimenticati. Pian piano se ne perse la memoria, tanto che nessuna notizia sull'esistenza di affreschi nella Canonica era stata conservata dalla tradizione orale del paese. Finché, verso la fine dell'inverno 1984, per uno di quei casi fortuiti da cui la vita umana è segnata, furono ritrovati.

Prima di narrare come avvenne la loro invenzione, descrivo per sommi capi la situazione architettonica. Quella che era stata la Sagrestia, nel tempo era diventata lo studio del parroco. Il Presbiterio era divenuto una stanza a servizio delle attività pastorali: aula di catechismo, prove di canto, deposito del materiale e segreteria. Rispetto alle quattro porte attuali, la stanza aveva due soli ingressi conosciuti, l'uno di fronte all'altro, la porta esterna, dove ora c'è la finestra, dava sul cortile che separa la Canonica dalla novecentesca Cappella del Sacro Cuore, la porta interna apre sul corridoio della Canonica. La porta che collega lo studio del parroco alla stanza era stata trasformata in un armadio a muro: l'attuale porta era celata da un sottile strato di malta e svariate mani di pittura. Lo sporco per l'uso e quella muffa che si forma nei vecchi edifici poco areati, aveva reso necessario rinfrescare la stanza. Dopo averla svuotata da tutti gli arredi (armonium, seggiole, tavolo, armadio e stampe) si iniziò a raschiare la superficie delle pareti, prima di stuccare e stendere alcune mani di bianco. Mentre stavamo raschiando la parete meridionale, quella che la separa dallo studio del parroco, riapparve l'elegante e semplice cornice che decora la nicchia.


Nicchia parete meridionale
La grande sorpresa divenne presto uno stimolo a cercare altri affreschi, pungolati da don Angelo che da rabdomante qual'è, sosteneva di sentire delle figure che lo guardavano. Così, facemmo alcuni sondaggi sulla parete settentrionale e venne alla luce santa Giulia, poi altri sondaggi sulla parete orientale e scoprimmo la Madonna in trono col bambino Gesù addormentato. Solo allora, la prudenza riprese il sopravvento e ci fermammo, per avvisare la Sovraintendenza delle Belle Arti e lasciar fare agli esperti, onde non rischiare di rovinare lo splendore che andava comparendo. L'intervento magistrale della dott. Anna Massardi, esperta restauratrice, portò alla luce e restaurò i seguenti affreschi: sulla parete orientata al sole che sorge quattro Madonne in trono col bambin Gesù, San Bernardo, Santa Giulia e sant'Antonio abate, sulla parete settentrionale una santa Giulia e due nicchie, sulla parete meridionale la nicchia decorata da una cornice.
Santa Giulia, parete settentrionale