lunedì 21 febbraio 2011

Liturgia ultima spes/3

Grazie a Sandro Magister ho letto la Lectio Magistralis tenuta dal card. Ravasi presso la facoltà di Architettura della Sapienza il 17 gennaio 2011. Testo denso, ricco dei più diversi spunti, com'è nello stile dell'autore.
Testo che se ha un limite è la mancanza di sintesi e di una conclusione: i molti spunti rimangono eterogenici, la diversità talvolta contraddittoria permane disorganica e frammentaria.
Rimane irrisolto, ad esempio, come si concilino le seguenti quattro affermazioni ravasiane, due favorevoli allo spazio (1 e 4) e due nettamente contrarie (2 e 3):
  1. C'è, dunque, nel cristianesimo una celebrazione costante dello spazio come sede aperta al divino, partendo proprio da quel tempio supremo che è il cosmo.
  2. Detto questo c'è però nella concezione cristiana una componente molto pesante che - come si diceva - sposta il baricentro teologico dallo spazio al tempo.
  3. Tra Dio e uomo non è più necessaria nessuna mediazione spaziale; l'incontro è ormai tra persone, si incrocia la vita divina con quella umana in modo diretto.
  4. Il tempio architettonico sarà, quindi, sempre necessario, ma dovrà avere in sé una funzione di simbolo:  non sarà più un elemento sacrale intangibile e magico, ma solo il segno necessario di una presenza divina nella storia e nella vita dell'umanità.
Lasciando aperta questa incongruenza così com'è nel testo, voglio invece riflettere a partire dagli spunti offerti dal card. Ravasi, sui rapporti tra Dio, il mondo e l'uomo, rapporti  che il suo testo lascia presupposti, e che sono essenziali per una corretta comprensione dell'architettura sacra.

Il mondo è creato da Dio che lo affida alle cure dell'uomo, così il cosmo diventa la casa in cui l'uomo vive. Il mondo è il primo tempio, il cui architetto è Dio stesso.
Non il divino generico, anonimo e vago che ritorna più volte nel testo ravasiano, ma il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Mosè e dei profeti e finalmente il Dio di Gesù Cristo. Come è scritto nell'incipit della Lettera agli Ebrei:

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo (Eb 1,1-2; Duomo di Monreale)

Egli, Creatore di tutto ciò che esiste mediante il suo Verbo (Gen 1; Gv 1), è il Luogo in cui il mondo creato e gli uomini, sue creature predilette, sono ospitati.
Dio ha il primato assoluto, sia rispetto al divino impersonale, una pallida riduzione della sua infinita ricchezza, potenza e gloria ad una categoria, mero oggetto del pensiero; sia rispetto all'uomo con-creatore (Tolkien) il quale partecipa all'intelligenza e libertà divine, essendo creato "ad immagine e somiglianza di Dio", ma rimanendo una creatura, un essere finito, definito dallo spazio e dal tempo. Quindi, la creatività umana, come anche la sua intelligenza e la sua libertà, sono finite, non sono assolute.
Ciò significa che l'uomo sarà sempre in cerca di Dio e del suo luogo; sempre perché Dio non si lascia circoscrivere da nulla, ma tutto circoscrive, come recita la cantilena ebraica: "Egli, Dio, è il Luogo di ogni luogo, / eppure questo Luogo non ha luogo".
 
Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua grazia è come il fiore del campo (Isaia 40,3)

La finitezza che qualifica la creatura in tutte le sue fibbre e facoltà, lungi dal costituire una catena pesante che deve essere scrollata di dosso, è l'essenza propria della creatura, unica opportunità che essa ha di vivere.

La creatura umana, grazie all'intelligenza di cui è dotata, può leggere il libro della natura scritto in elegante linguaggio matematico (Galileo). Grazie alla libertà può usare le conoscenze per custodire il Giardino affidatole, può essere ispirata e così creare opere artificiali, utili e belle.
Quì si pone il primo problema, poiché la libertà umana, se rimane umile si lascia ispirare dallo Spirito di Dio, viceversa se si inorgoglisce viene ispirata dallo spirito del mondo.

venerdì 18 febbraio 2011

Liturgia... ultima spes/2

L'architetto Fuksas, intervistato da La Stampa il 19 gennaio 2011 in merito alla critica rivolta dal card. Ravasi a gran parte dell'architettura sacra contemporanea nella sua Lectio Magistralis del 17 gennaio 2011 alla Sapienza, senza entrare nel merito della critica ravasiana, rispondeva con una accusa alla Chiesa, tanto falsa quanto ingenerosa:
Devo dire che la Chiesa, a parte l'estetica, dovrebbe occuparsi anche di etica, che in questo momento in Italia mi sembra molto bassa.
Chiara e subdola allusione al caso Berlusconi-Ruby.
Tale reazione scomposta dell'archistar è il tentativo assai infantile di non prendere in considerazione il giudizio che ferisce, cercando di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica con un argomento piccante ma completamente fuori luogo.


Ma tale risposta reattiva dell'archistar, involontariamente getta luce sul suo universo intellettuale, nel quale etica ed estetica sono non tanto distinte quanto scisse, quasi contrapposte.

Viceversa, nell'universo mentale della Bibbia il Bene, oggetto dell'etica, ed il Bello, oggetto dell'estetica, sono uniti, al punto che una sola parola "TOV" significa indistintamente bene e bello.
Tale universo dovrebbe essere almeno conosciuto dai progettisti, soprattutto se archistar, mentre da committenti - alias vescovi - e consulenti - alias liturgisti - dovrebbe essere anche fatto proprio, essendo parte della forma mentis dei credenti.

Cupola della Creazione, Basilica di san Marco, Venezia


TOV è uno degli elementi centrali del primo racconto della creazione: è il Giudizio di Dio su ciascuna delle sue opere presa singolarmente (Gen 1,4.10.12.18.21.25) ed infine su tutte complessivamente:
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona-bella (Gen 1,31).
Le opere create da Dio, secondo il Giudizio del loro Creatore, sono veramente belle e buone.


Questo Giudizio divino rivela la visione che Dio ha di tuttto quel che ha fatto, è scritto infatti: "Dio vide quanto aveva fatto". La rivelazione di questo giudizio divino diventa fondamento della visione - percezione - comprensione che le creature hanno della realtà creata, è scritto infatti: "nella tua luce vediamo la luce" (Sal 36[35],10), rivelazione grazie alla quale abbiamo parte alla visione di Dio. Da ciò sgorgano i due sentimenti primordiali, lo Stupore e la Fiducia, dai quali hanno origine religione, filosofia e arti.
Poichè tutto ciò che esiste è buono, qualsivoglia dualismo è condannato come idea falsa, non vera: zoroastriano, platonico, gnostico, manicheo, cataro, bogomilo.
Dato che tutta la natura creata è bella, essa è il fondamento certo alla creatività umana secondo il comandamento divino primordiale:
Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra (Gen 1,28)
Nel primo Giudizio di Dio etica ed estetica sono una cosa sola e poiché tale giudizio di Dio è rivelato, esso è anche vero. Unità divina dei trascendentali. Purtroppo la storia dell'Occidente è tragicamente segnata dalla separazione dei trascendentali e dalla loro sottomissione alle brame del soggetto senziente, desiderante e pensante. Brame che rivelano il cupo abisso interiore da cui tracimano folle di folli pensieri che lordano la creazione di Dio, ivi compreso il suo vertice insuperabile la coppia umana.

Ora, a ben vedere il card. Ravasi non si limita a criticare duramente i soli edifici di culto contemporanei, ma nell'esprimere il suo giudizio negativo su di essi lo estende anche agli edifici profani, quindi la sua critica è rivolta più precisamente all'architettura contemporanea nel suo insieme. Ciò è evidente fin dal titolo della sua lectio: "Porte aperte tra il tempio e la piazza", titolo che trova il suo senso religioso e cristiano nella terza ed ultima considerazione della lectio, dove citando l'opinione del teologo ortodosso Pavel Evdokimov, il cardinale afferma:
tra la piazza ed il tempio non ci deve essere la porta sbarrata, ma una soglia aperta [...] il vento dello Spirito di Dio deve scorrere tra l'aula sacra e la piazza ove si svolge l'attività umana. Si ritrova, così, l'anima autentica e profonda dell'Incarnazione...
Che la critica ravasiana sia rivolta all'insieme dell'architettura contemporanea è abbastanza palese in questo giudizio, nel quale dopo aver criticato la sordità/opacità di tante chiese:
pensiamo alla "sordità", all'inospitalità, alla dispersione, all'opacità di tante chiese tirate su senza badare alla voce e al silenzio, alla liturgia e all'assemblea, alla visione e all'ascolto, all'ineffabilità e alla comunione.
estende implicitamente tale critica agli edifici profani cui paragona le chiese, unendo nel giudizio di condanna per anti-umanesimo sia gli edifici sacri, sia quelli profani:
Chiese nelle quali ci si trova sperduti come in una sala per congressi, distratti come in un palazzetto dello sport, schiacciati come in uno sferisterio, abbrutiti come in una casa pretenziosa e volgare.
In questa archittetura, come afferma il card. Ravasi, ci si trova sperduti, distratti, schiacciati, abbruttiti, che si tratti di chiese, sale congressi, sferisteri o case. Perché?
Io credo che il giudizio di anti-umanesimo che accomuna tante opere architettoniche contemporanee, sia sacre che profane, abbia la sua radice nell'ateismo contemporaneo, come ha magistralmente mostrato il padre de Lubac, in quella fenomenale diagnosi della nostra epoca che è Il dramma dell'umanesimo ateo.

Tragico e scandaloso non è che gli architetti contemporanei, plasamati da questa cultura atea, creino edifici che programmaticamente postulano l'inesistenza di Dio. Tragico e scandaloso è che il fior fiore della cultura cristiana, liturgisti e vescovi, consulenti e committenti, siano sordi a questa sordità, ciechi all'opacità. Infatti sta scritto: "Lo stolto pensa: Dio non c'è" (Sal 14[13],1), e ancora: "Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8). La stessa materia creata adoperata per costruire chiese che non sono più templi del Dio vivente, griderà contro questo abuso. Le potenze intellettive di tali costruttori si alzeranno per testimoniare contro di loro, perché hanno innalzato idoli ed i loro santuari.

domenica 13 febbraio 2011

Kirche 2011/4. Liturgia... ultima spes

Il sesto ed ultimo punto del memorandum Kirche 2011 riguarda Gottesdienst - il culto.

Di primo acchito ho considerato sconsolato quanta poca considerazione autori e firmatari di Kirche 2011 abbiano per la preghiera e la liturgia. Si dicono difensori del rinnovamento conciliare, ma alla prova dei  fatti capovolgono l'impostazione conciliare. Infatti, il Concilio Vaticano II diede inizio ai suoi lavori trattando e approvando la Costituzione sulla Liturgia Sacrosantum Concilium, mentre il memorandum solo al termine affronta il culto divino. Perciò esso è un documento futile.

Ma dopo una seconda lettura del breve paragrafo dedicato al culto, ci si rende conto che l'ultimo posto è proprio quello adatto ai cinque pensierini insipidi e insulsi. A tanto han ridotto santità et sacralità della Divina Liturgia!

Paradossalmente, ciò rivela la radice della crisi patita anche dalle Chiese tedesche e di cui il memorandum si limita a prendere atto, sbagliando però diagnosi, prognosi e terapia. L'attuale crisi del Cristianesimo in Occidente non è crisi della Chiesa, ma crisi della fede. Non è la chiesa organizzazione, ma la Chiesa credente ad essere in crisi. Crisi spirituale o teologica perché riguarda la capacità dei credenti di coltivare una relazione viva con il Dio vero, ovvero di saper pregare.
Ciò conferma la bontà della scelta del Balthasar a favore di una teologia non fatta a tavolino, bensì in ginocchio. Anzi, se cinquant'anni fa questa era soltanto una possibilità, oggi è diventata una necessità, un dover essere della teologia se vuole continuare ad esistere e ad esistere come teologia cristiana.

La crisi in sé non è una condizione pericolosa, anzi è benedizione, dono che obbliga a riflettere, a fare un serio esame di coscienza. Al termine della sua seconda lettera ai Corinzi, l'apostolo Paolo così si rivolge loro: "Esaminate voi stessi, se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi?A meno che la prova non sia contro di voi!" (2Cor 13,5). In ciò consiste la benedizione della crisi, mette alla prova, sonda i cuori, li vaglia ed emette un giudizio. Si è nella fede? Si è affidata la propria intera esistenza al Dio di Gesù Cristo? Se la risposta è positiva, non siamo più realmente soli, nemmeno quando siamo soli con noi stessi, neppure nell'agonia della morte, dato che Gesù Cristo abita in noi.

Nella mia gioventù lessi con grande utilità spirituale un opera del teologo luterano e martire Dietrich Bonhoeffer, Sequela. Da sua lettura appresi la centralità della conversione per imparare a pregare. La conversione è l'anima, la forma del cristianesimo. Essa è il primo (Mc 1,15) e l'ultimo appello (Gv 21,19.22) della predicazione di Gesù, invito che continua in quella apostolica (At 2,38). La conversione sposta l'attenzione da sé all'Altro, agli altri. Mette in ricerca del baricentro eccentrico, cui la Liturgia in vari modi forma.


Qui si radica l'importanza capitale dell'Orientamento della Chiesa. Chiesa-edificio che orienta la preghiera a Dio. Chiesa in preghiera nei singoli credenti. Chiesa-popolo di Dio che celebra il culto divino. Nel trattato sulla Preghiera Origene afferma:  
l’oriente intuitivamente manifesta che noi dobbiamo pregare da quel lato, significando essa, simbolicamente, l’anima con il suo sguardo rivolto alla levata della luce vera. (cap. 32). 
La luce vera, di cui parla Origene, è il Cristo che come Sol iustitiae illumina il volto lunare della Chiesa. Tale  carattere lunare è ripreso dal Concilio Vaticano II nell'incipit della Costituzione sulla Chiesa:
Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa.

Per secoli i cristiani han pregato rivolti ad oriente in trepidante attesa del ritorno del Signore.
L'Orientamento permette di esprimere insieme due caratteri dimenticati della preghiera cristiana, la natura cosmica e quella escatologica. Tale luce non è propria della Chiesa, come la luna riflette la luce del sole, così la Chiesa riflette la Luce che brilla sul volto di Cristo.

venerdì 11 febbraio 2011

Kiche 2011/3 Preti sposati vs. sposi ordinati

Nel secondo punto del memorandum Kirche 2011, intitolato Gemeinde - Comunità, gli autori chiedono alla Chiesa Cattolica due cose:
  1. verheiratete Priester - Preti sposati
  2. Frauen im kirchlichen Amt - Donne nel ministero ecclesiale
In questo post mi limito alla prima di codeste proposte tedesche. La sua formulazione è ambigua, infatti, preti sposati significa sia uomini sposati che vengono ordinati preti, sia preti che si sposano. Due situazioni ben diverse tra loro e incompatibili.
Colgo l'occasione per precisare la mia posizione, parzialmente già esposta il 17 gennaio commentando la consacrazione sacerdotale di tre vescovi ex-anglicani sposati da parte del primate cattolico inglese.

I preti non possono sposarsi, mentre gli sposi possono essere ordinati preti.
La successione temporale tra i due sacramenti è essenziale:
  1. Al sacramento dell'Ordine non può seguire quello del Matrimonio
  2. Al sacramento del Matrimonio può seguire quello dell'Ordine
Così è nella Chiesa Cattolica, secondo il rito latino per i soli diaconi, secondo i riti orientali per diaconi e preti, disciplina comune con le Chiese Ortodosse.

Simon Pietro quando venne raggiunto dalla chiamata di Gesù a lasciare le reti per seguirlo, era già sposato tanto che Gesù ne guarì la suocera (sic!) che vive nella casa di Pietro (cfr. Mt 8,14-15 e parr.). Ciò segue alla lettera il dettato di Gen 2,24: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne". L'uomo, non la donna, lascia i propri genitori per unirsi a sua moglie ed essere uno con lei.

Nessuna autorità può sciogliere ciò che Dio ha unito, l'unità sponsale tra l'uomo e la sua donna è sancita, confermata, difesa, fondata, stabilita, affermata, unita da Dio stesso, in Dio stesso che è Uno e Unico per natura, mentre l'umanità ed il creato sono sotto il segno della dualità, maschio e femmina, cielo e terra, luce e tenebre per essere chiamati a tendere all'unità.
Nemmeno il Figlio di Dio ha mai pensato o fatto qualcosa contro il sacro vincolo del matrimonio. Anzi, ha preso tale unità difficile e avventurosa, bella ancorché faticosa, quale prototipo della sua unione con la Chiesa, sua sposa, sul fondamento dell'unione ipostatica delle sue due nature, volontà ed energie, umane e divine.

Forse, è giunta l'ora che anche la Chiesa cattolica di rito latino ammetta uomini già sposati al sacerdozio seguendo l'esempio di Gesù Cristo che scelse anche Simon Pietro.
Ciò avvenga conservando il divieto assoluto per chi riceve il sacramento dell'Ordine sacro di modificare il proprio stato civile: resti celibe se consacrato da celibe, resti sposato se consacrato sposato restando vedovo, se e quando ciò accadrà.

giovedì 10 febbraio 2011

Kirche 2011/2. Riconciliazione vs. morale rigorosa

Nel quarto e quinto punto del memorandum Kirche 2011, intitolati rispettivamente Gewissensfreiheit (Libertà di coscienza) e Versöhnung (Riconciliazione), i professori di teologia chiedono alla Chiesa Cattolica di riconoscere le coppie omosessuali, di concedere ai divorziati i sacramenti, per passare finalmente dalla morale rigorosa alla riconciliazione.

Anzitutto va chiarito che il contrario della morale rigorosa si chiama lassismo, da non confondere con la riconciliazione, due categorie diverse tra loro, come i famosi cavoli a merenda.

Alle prostitute ed ai pubblicani, termini simbolici per indicare tutti i peccatori, Gesù non dichiarò che i loro rispettivi peccati non erano più tali. Si mise alla loro tavola, superando gli steccati moralistici, per farsi carico dei loro peccati, lui agnello innocente e liberarci dal male.
Non disse agli zoppi, ai ciechi, ai muti o ai lebbrosi che le loro malattie erano semplici illusioni ottiche, mere impressioni erronee. Si fece inseguire, assillare da folle di malati e li guarì come medico dei corpi e delle anime, per indicare che la salvezza di Dio riguarda non solo tutti gli uomini, ma anche tutto l'uomo.
Proclamò che i peccati, tutti i peccati, di tutti gli uomini, erano perdonati e che perciò ciascuno non peccasse più.
Non disse alla donna colta in flagrante adulterio di continuare tranquillamente la sua relazione adulterina, ma la vincolò per l'eternità alla misericordia ricevuta dalla folla e confermata da Gesù: "va e d'ora in poi non peccare più" (Gv 8,11).

La riconciliazione di cui Gesù è il latore non avviene abolendo la distinzione tra il bene ed il male. La sua novità consiste nel capovolgere il rapporto tra la Legge e la Grazia, tra il dovere essere e l'essere. Dio ci fa grazia, proprio Lui prende l'iniziativa di incarnarsi, morire e risorgere per tutti gli uomini, chi accoglie questo grande incommensurabile Dono di Dio può perciò deve vivere santamente. Non viceversa.
Poiché il Regno di Dio si è avvicinato, ed in Gesù si è avvicinato fino ad assumere la nostra stessa vita, i nostri dolori e le nostre gioie, la nostra carne e la nostra libertà, possiamo convertirci, cambiare vita, ritornare liberi.

mercoledì 9 febbraio 2011

KIRCHE 2011/1. più strutture o meno burocrazia?

Il Memorandum di professori di teologia KIRCHE 2011 anima il dibattito pubblico nei paesi germanofoni.

Il primo punto si intitola "Strukturen der Beteiligung", ovvero Strutture di Partecipazione.
 La struttura di partecipazione c'è già da 2000 anni e si chiama eucaristia, fractio panis, messa.
E' la struttura di condivisione che abbiamo ricevuto e che dobbiamo trasmettere (vedi 1Cor 11,23; 15,1-3) perché è Dono di Dio e non contratto sociale umano.

Grazie a questo Dono abbiamo parte alla Vita Eterna di Dio stesso. A cosa vorrebbero farci partecipare, invece, le Strukturen der Beteiligung proposte o esigite da Kirche 2011? Quali sovra-strutture aggiungere al Dono di Dio?
Casomai andrebbero sfoltite le numerose sovrastrutture che nei secoli abbiamo aggiunto alla semplicità familiare delle origini: uffici di curia, commissioni, consulte, consigli, tribunali; invece questi teologi tedeschi chiedono altre strutture, al terzo punto intitolato Rechtskultur, addirittura un tribunale amministrativo ecclesiale, un bel TAR ecclesiastico, l'ideale per mandare a picco il cattolicesimo in Europa, se esso dipendesse dagli uomini, dai teologi o dai pastori, cosa che grazie a Dio non è.

Burocrazia che si auto-legittima e si auto-alimenta, ma che non fa crescere nemmeno di uno iota il Regno di Dio nel mondo.
Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni, non convocò il consiglio pastorale per decidere il da farsi, né nominò una commissione per stendere un bel progetto pastorale.
Anzitutto si ritirò nel deserto a pregare, cosa evidentemente ignorata dagli estensori del bel documento.
Poi, dopo quaranta giorni di preghiera, entrò con decisione nella vita di uomini e donne e con autorità li prese per sé.

lunedì 7 febbraio 2011

La casa di Dio.1

Uluru - Ayers Rock, Australia

Qualsiasi spazio dove gli uomini abbiano percepito l'epifania del Sacro suscita in me un profondo e riverente stupore: luoghi sacri naturali  come monti, fonti, boschi, caverne, pietre e spazi sacri artificiali edificati dagli uomini  quali templi, santuari, sinagoghe, chiese, moschee, pagode, monasteri, cappelle, edicole, fontane, cimiteri, betili.
Assieme ai luoghi sacri le ierofanie generano i riti sacri: riti di fondazione degli edifici profani, riti di consacrazione di quelli religiosi e le liturgie che poi vi si celebrano. I sacri riti non solo esprimono la spiritualità di ciascuna religione, ma anche ne plasmano i tre corpi, diversi e complementari:
  1. il corpo personale
  2. il corpo sociale
  3. il corpo architettonico
L'uomo è un corpo animato o un'anima incarnata, e tramite il suo corpo l'uomo abita nel mondo.
Al contrario di quel che pensano Platone e i vari spiritualisti, la natura corporea dell'uomo non è né una maledizione né una condanna, ma la prima benedizione con cui il Creatore apre la strada alla salvezza degli uomini. Viceversa saremmo puri spiriti peccatori, come i demoni, apparentemente più liberi, ma realmente dominati per sempre dal male. Grazie a Dio siamo e abbiamo un corpo, per mezzo del quale la superbia della nostra mente è circoscritta e sottomessa all'umile corpo.
Inoltre tramite il corpo santo del Verbo incarnato, crocifisso e risorto siamo stati liberati dal peccato e dalla morte, affinchè grazie al corpo lavato e segnato, poniamo le membra del nostro corpo a servizio di Dio: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rom 12,2). L'aggettivo tradotto in italiano come "spirituale", in verità tradisce il latino "rationabile" ed il greco "logikè" che significano razionale, logico, intellegibile, piuttosto che spirituale.
In effetti è intellegibile, logico e razionale quel culto in cui la vittima offerta in sacrificio è vivente, allorché essa coincide con il sacerdote che offre il sacrificio; cosicché vittima, sacerdote e sacrificio sono una sola realtà grazie al corpo offerto.

Uomo e Mondo, in quanto creature, sono di fronte al mistero grande del Creatore.
Non solo, ma attraverso il corpo umano anche il mondo è rivolto a Dio e ciò costituisce il fondamento metafisico dell'Orientamento, primo principio dell'architettura sacra.

Obelisco di Luxor in Place de la Concorde, Parigi


L'orientamento riguarda anzitutto l'orante, ossia la condizione interiore ed esteriore in cui deve situarsi il credente quando prega. L'orientamento spirituale ha un immediato risvolto architettonico, conseguenza della natura corporea creata e dell'uomo e del mondo. Come si evince dalla natura e dalla funzione rituale dell'obelisco.
"A Eliopoli era venerata una pietra sacra detta benden, considerata la prima manifestazione del dio primordiale Atum-Khepre. I raggi del sole nascente dovevano colpire prima di tutto questa pietra sacra. La pietra benden è l'immagine primitiva dell'obelisco. Tali simboli di pietra monolitici, rastremati verso l'alto e terminanti in una punta probabilmente dorata, erano considerati la dimore del dio solare."

Manfred Lurker, Dizionario dei simboli e delle divinità egizie.

Probabilmente la punta degli obelischi simboleggia la pietra sacra benden di Eliopoli. L'obelisco elevandosi in Cielo (la dea Nut), al sorgere del Sole nascente (Khepre o Harakhte) simboleggiato dallo scarabeo alato, raccoglieva e risplendeva, mentre la Terra (il dio Geb) sottostante era ancora avvolta nel silenzioso e buio manto della notte, cosicché il Sole colpendone la punta dava inizio ai riti sacri del mattino.

Tempio di Ra, Abu Simbel


Ra-Harakhte
Nel Tempio di Ra-Harakhte ad Abu Simbel, tra la quadruplice rappresentazione del faraone Ramses II, sta la raffigurazione del dio eponimo Ra-Harakne che veglia sulla porta d'ingresso del Tempio.