domenica 25 maggio 2014

Delle cose buone da chiedere. VI

Il sesto giorno ricordiamo la creazione dell’uomo e la morte di Gesù. Questi due fatti storico-salvifici si illuminano a vicenda, perché non casualmente sono accaduti nello stesso giorno, ma appunto per rivelare che Cristo è il compimento dell'uomo e della creazione. La creazione dell'uomo, maschio e femmina, avviene "per Cristo, con Cristo e in Cristo", cioè in vista di Cristo Nuovo Adamo, con Cristo Verbo di Dio incarnato e in Cristo Immagine prototipica di Dio; Gesù muore per redimere l'umanità decaduta e rigenerarla mediante il suo corpo donato, dal quale è tratta la Chiesa nuova Eva. Perciò in questo giorno conviene intercedere per tutti i morti nel corpo, nell'anima e nello spirito.


Con il corpo si muore una volta sola e gli uomini preferiscono la morte naturale posta al termine della vecchiaia, anche se purtroppo non è rara la morte contro natura: violenta, oppure improvvisa, altrimenti precoce. Perciò è opportuno intercedere per tutti i morti, iniziando dai propri. Poi, è utile supplicare Dio, Signore dei vivi e dei morti, perché liberi noi morituri dalla morte improvvisa e ci conceda una morte salutare. 
La morte nell'anima e quella nello spirito sono solo metafore, poiché né l’anima né lo spirito sono mortali. La morte dell’anima è metafora del peccato, col quale la creatura razionale recide il legame vitale con il Creatore, cosa che può accadere molte volte e che purtroppo accade sempre troppo spesso. La morte dello spirito è metafora della "morte seconda" (Ap 2,11; 20,14) alla quale sono destinati diavoli e dannati, miserevoli creature di Dio che hanno deciso irrevocabilmente di rifiutare Dio. Perciò è opportuno intercedere per tutti i peccatori, a partire da se stessi, perché Dio giudice misericordioso abbia pietà di noi.
Pare cosa buona e giusta intercedere per i morti e per i peccatori nel sesto giorno nel quale, non solo Adamo peccò e introdusse nel mondo la morte (Gen 3; Rom 5), ma soprattutto: “Gesù morì per gli empi” (Rom 5,6), espellendo il principe di questo mondo, come è scritto: “Ora, il principe di questo mondo sarà gettato fuori” (Gv 12,31) e ponendo la premessa per donare lo Spirito Santo per il perdono dei peccati (Gv 20,22-23).
Domenico Signorelli, Crocefissione (1500)

domenica 18 maggio 2014

Delle cose buone da chiedere. V

Il quinto giorno nel quale si ricorda la creazione dei pesci e degli uccelli è opportuno intercedere per i pastori cui siamo affidati e per le pecore che ci sono affidate. Gesù, che era  falegname e figlio di falegname, ha scelto dei pescatori galilei e li ha chiamati così: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17) per costituirli pescatori di uomini e affidare loro la missione di raccogliere. La missione affidata agli apostoli continua la missione messianica di Gesù nei confronti di Gerusalemme: “quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali” (Lc 13,34) nella quale egli si paragona alla chioccia che raccoglie i suoi pulcini, come il pastore che guida il suo gregge. Gesù è il pesce grande che ci salva, come espresso nell'antichissimo acronimo ICTYS. Pesci ed uccelli. I pesci da raccogliere, come le pecore da custodire, sono figure della nostra condizione di figli. Gli uccelli che raccolgono i loro piccoli, come i pastori, sono figure della nostra condizione di custodi del creato, come è scritto: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gen 2,15).

  
Cuyp Benjamin, Adorazione dei pastori (XVII sec.)

Ciascun uomo, infatti, è affidato a qualcuno che deve vegliare su di lui e prima o poi ciscun uomo deve custodire qualcuno che a lui è stato affidato, come è scritto: "Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?" (Gen 4,9). In verità ciascun uomo custodisce il suo prossimo ed al suo prossimo è affidato, perché come insegna l'apostolo Giovanni: "Se uno dice: "Io amo Dio" e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Gv 4,20). Per fortuna, non siamo custoditi soltanto dal nostro prossimo che può rivelarsi Abramo o Caino, amico o nemico, ma siamo custoditi dagli Angeli che Dio ha messo al nostro servizio, come è scritto: "Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato" (Es 23,20), oppure: "Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie" (Sal 91[90],11). 

Bronzino Agnolo, Adorazione dei pastori, dettaglio (1539-40)

Il ministero spirituale degli Angeli rivela la divina protezione: "Il Signore è il mio pastore" (Sal 23[22],1), manifesta che il Custode per antonomasia, Colui che tutti e tutto custodisce nel suo amore fedele è Dio Padre Onnipotente Creatore del cielo e della terra, come sta scritto: "Al mio nascere a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio" (Sal 22[21],11). Anche il Figlio di Dio custodisce tutti quelli che gli sono dati dal Padre, essendo "il buon Pastore che dà la propria vita per le pecore" (Gv 10,11), infatti questo è anche il giorno in cui Gesù ha istituito la santa Eucaristia, con cui il Pastore diventa l'Agnello di Dio ed il Sacerdote diventa la Vittima.
Quindi è cosa buona e giusta nel giorno in cui il Signore ha consegnato il suo testamento d’amore (Gv 13) intercedere per i pastori ai quali siamo affidati, papa, vescovo, parroco e catechisti. In particolare per il successore di Pietro, al quale siamo stati affidati da Gesù risorto quando, dopo aver ricevuto da Simone di Giovanni la conferma del suo amore per Lui, gli disse per tre volte: “Pasci i miei agnelli” (Gv 21,15.16.17). Altrettanto è cosa buona e giusta intercedere per coloro che ci sono affidati, figli e coniugi, genitori e fratelli, giovani e anziani, malati e forti, affinché l’amore del Signore circoli liberamente per il corpo ecclesiale, vivificandolo. Infatti, il testamento di Gesù si compie ai piedi della croce con il duplice affidamento del discepolo amato a Maria e della Madre a lui: "Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé." (Gv 19,26-27).
 
Jan van Eyck, Adorazione dell'Agnello Pala di Ghent dettaglio (1425-29)

domenica 11 maggio 2014

Delle cose buone da chiedere. IV

Rothschild Canticles, Connubium spirituale, XIV sec. 
Il quarto giorno della settimana ci ricorda la creazione dei luminari celesti, conviene intercedere per la Chiesa affinché alzi gli occhi dal proprio ombelico per volgere lo sguardo al Signore Gesù Cristo e per tenerlo fisso in Lui che la illumina, come è scritto: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4).

Durer, Sol Iustitiae, 1510
Cristo è il Sole di Giustizia che illumina il creato e lo rende fecondo di vita secondo Dio. La Chiesa è la luna che non ha luce propria, ma riflette la luce che brilla sul volto del Figlio di Dio, al quale deve sempre rivolgersi e incessantemente ritornare per essere illuminata e distinguere il bene dal male, il vero dal falso, il santo dall'immondo.

Benson, Luce solare, 1909
Gesù ha dichiarato: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12) e Giovanni il precursore gli ha reso testimonianza: “Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: "Non sono io il Cristo", ma: "Sono stato mandato avanti a lui.” […] Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3,28.30), indicando con lucidità sulla roccia della verità le relazioni, e le conseguenti dinamiche, tra colui che è la Luce e coloro che ne sono illuminati.

Caspar, Pellegrinaggio all'alba o al tramonto, 1805

Altrove l’evangelista Giovanni, con il suo sguardo profondo come aquila, fa esclamare a Gesù: “Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,44-46).

Monet, Cattedrale di Rouen in piena luce, 1893
Intercessione quanto più necessaria in questi tempi, in cui la Chiesa è provata dalla tentazione del pelagianesimo, dal desiderio di fare da sé, riducendo inevitabilmente Dio ad un soprammobile, un dio tappabuchi, un idolo docile strumento nelle mani di chi vuole glorificarsi, mentre è scritto: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo Nome dà gloria” (Sal 115[113],9). "Sursum corda" invita il sacerdote all'inizio della liturgia eucaristica. Sì, rivolgiamo i nostri cuori in alto, perché Cristo è veramente risorto.

Rothschild Canticles, Maria come la "Mulier amicta sole", XIV sec.

domenica 4 maggio 2014

Delle cose buone da chiedere. III

Discesa agli inferi, Fanous
Il terzo giorno della settimana è opportuno chiedere l’umiltà perché in questo giorno si ricorda la creazione della terra e dei suoi verdi frutti. Come la terra produce "germogli, erbe e alberi da frutto" (Gen 1,12), così solo sul terreno dell'umiltà nasce l’albero delle virtù. L'umiltà è il fondamento delle virtù dal cui esercizio dipende la vita buona e bella in cielo ed in terra.
L’umiltà è il fondamento ontologico dell’esistenza di Gesù Cristo, dell’armoniosa sinergia tra la libertà divina del Verbo di Dio e Figlio del Padre e la libertà umana dell’uomo Gesù figlio di Maria, riflesso della sua natura divino-umana nella sua vita morale. 
Perciò è necessario chiederla con insistenza, perché solo il terreno fecondo dell’umiltà divino-umana di Gesù Cristo fa nascere bei fiori e buoni frutti. Perciò san Giovanni insiste tanto sul rimanere in Gesù: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,4-5).

Salvatore mite ed umile di cuore