sabato 5 maggio 2012

Alle Muse

Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Calliopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
(Purgatorio I,7-12)


Questa invocazione rivolta da Dante alle Muse è solo un dotto formalismo ma doveroso per un grande poeta, ovvero va considerata una preghiera vera e propria?
Raffaello, Il Parnaso, 1509-10, dettaglio Dante, Omero e Virgilio
Anche al principio della prima Cantica, dove i dannati vengono puniti per i peccati in cui sono morti, le Muse sono invocate ma molto brevemente: "O Muse, o alto ingegno, or m'aiutate" (Inferno II,7).
All'inizio della seconda Cantica, dove i penitenti sono purificati e si purgano dagli effetti dei peccati commessi, ripete l'invocazione alle Muse, ampliandola non poco (Purgatorio I,7-12).
Infine principia la terza Cantica, dove i beati godono della Gloria celeste, invocando Apollo che delle Muse è guida e capo, con una lunga articolata preghiera:
"O buon Appollo, a l'ultimo lavoro
fammi del tuo lavor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l'amato alloro.
Infino a qui l'un giogo di Parnaso
assai mi fu; ma or con amendue
m'è d'uopo intrar ne l'aringo rimaso.
Entra nel petto mio, e spira tue
sì, come quando marsia traesti
de la vagina de le membra sue.
O divina virtù, se mi ti presti
tanto che l'ombra del beato regno
segnata nel mio capo io manifesti,

vedra' mi al piè del tuo diletto legno
venire, e coronarmi de le foglie
che la materia e tu mi farai degno.

Sì rade volte, padre, se ne coglie
per trïunfare o cesare o poeta,
colpa e vergogna de l'umane voglie,

che parturir letizia in su la lieta
delfica deïtà dovria la fronda
peneia, quando alcun di sé asseta.

Poca favilla gran fiamma seconda:
forse di retro a me con miglior voci
si pregherà perché Cirra risponda.
"
Par I, 13-36


Mantegna, Il Parnaso, 1497



In apparenza queste tre invocazioni iniziali riprendono un modulo stilistico precedente e che Dante ha ricevuto e adottato, un mero costume dei poeti.
Tale soluzione riduce però le invocazioni alle Muse ad un mero formalismo incompatibile con quanto Dante stesso afferma della sua poetica, quando rispose a Bonagiunta Orbicciani, ovvero d'esser mero scrivano al solo servizio dell'Amore ispirante: "[...] I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo /
ch'e' ditta dentro vo significando
". (Purgatorio XXIV, 52-54).
Perciò anche le invocazioni alle Muse e ad Apollo devono essere considerate ispirate a Dante dall'Amore, cosa che fa intravedere sotto le spoglie pagane e i simboli mitologici, epifanie della Sapienza di Dio, alla Quale è lecito e doveroso per un cristiano rivolgere le sue preci.
Raffaello, La disputa del ss. Sacramento, 1510-11, dettaglio
Raffaello condivide questa prospettiva umanistica - che in Dante è preumanistica o semplicemente cattolica - collocando Dante nei due affreschi della Stanza della Segnatura, Il Parnaso e La Disputa del ss. Sacramento. Forse Dante è l'unico personaggio ad essere presente in entrambi gli affreschi, onore che Raffaello gli attribuisce cosciente della sua grande importanza non solo in campo artistico, ma altresì teologico.
Con le categorie dantesche il primo affresco raffigura la ragione umana ed il secondo la Grazia divina. Con le categorie raffaellesche l'uno raffigura la ricerca della vera bellezza ed il secondo la ricerca della vera bontà.
Raffaello, La disputa del ss. Sacramento, 1510-11, Dante

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