domenica 18 dicembre 2011

In principio è la fiducia

In principio è la fiducia: Eva si fida del serpente, Maria dell'angelo Gabriele.
Dalla fiducia non si può prescindere e unica è la fiducia, la fides quae creditur.

Ma se identica è la fiducia, diverso è l'oggetto conosciuto per fede, la fides qua creditur:

  1. Maria conosce Dio che è fedele perché è vero
  2. Eva consoce Satana che è infedele perciò menzognero
Diverso è anche l'effetto operativo della conoscenza guadagnata grazie alla fede, i frutti che permettono di distinguere i diversi alberi:
  1. opera divina è amare
  2. opera diabolica è odiare

martedì 13 dicembre 2011

Ritorno al futuro

Altdorfer Albert, Schöne Maria, Stiftskirche St. Johann, Regensburg
Ore 10:40 circa. Messa dell'Immacolata. Prima lettura: Gen 3,9-15.20.

Ho sempre pensato che i racconti dei primi 11 capitoli della Genesi fossero da intendere come riferiti al passato; il mio passato, in quanto anch'io sono una creatura di Dio e in quanto sono un peccatore incallito.
Ma nonostante il callo del mio peccare, prima creatura poi peccatore, perché questa seconda natura è appunto seconda rispetto alla prima natura di creatura, essa sì indelebile quanto l'essere diventato un peccatore è delebile.
Mia figlia mi ha sorpreso spiegandomi che il peccato è scritto con la biro cancellina... immagine efficace per solleticare la conversione.

Forse il clima spirituale dell'Avvento lungo, forse il clima sociale di crisi o forse una illuminazione, mi han fatto vedere che al centro di Gen 3 non c'è la caduta dell'uomo, bensì il giudizio di Dio. Giudizio che non sta alle nostre spalle, ma davanti al nostro volto, nel nostro futuro prossimo e remoto.
Giudizio di condanna e di salvezza: salvezza del peccatore mediante la condanna del peccato. Ciò è avvenuto in Gesù Cristo, nella sua morte e discesa agli inferi e resurrezione; in vista di ciò la sempre Vergine Maria è stata preservata dal peccato, non per i suoi enormi meriti ma per quelli di suo Figlio, trionfo del "sola gratia".


Andrea da Firenze, Discesa di Cristo agli inferi, Cappella Spagnuolo in S. Maria Novella

domenica 11 dicembre 2011

Preghiera d'Avvento

Fosse per me l'Avvento durerebbe nove settimane per esercitare la dimensione escatologica della preghiera che da molto tempo giace sepolta, dimenticata dallo sguardo fisso sull'istante presente.
Viviamo tra il primo ed il secondo avvento, tra la memoria delle opere compiute da Dio e l'attesa del suo ritorno, tra Fede e Speranza.
Non andiamo verso il nulla come non veniamo dal nulla, ma sorgendo dall'atto d'amore della Trinità, camminiamo verso il compimento eterno nella Trinità.
Per il giorno di Sabato del tempo di Avvento, la Preghiera dei giorni della Comunità di Bose, invita alcuni progenitori di Gesù a rallegrarsi perché si avvicina l'avvento del Messia.
Ispirato da queste bellissime invocazioni di gioia, ho scritto altre strofe; per distinguere le une dalle altre ho riportato in corsivo le strofe della Comunità di Bose, mentre in stampatello le mie.
La composizione è articolata sulla struttura del "TaNaK " acronimo che indica la Bibbia ebraica.


Prima parte: TORAH


Michelangelo, Cappella Sistina, Progenitori di Cristo

Rallegrati Adamo uomo degli uomini
il Verbo di Dio tuo Creatore
da te viene e si fa carne
per diventare tuo Salvatore.

Rallegrati Eva donna delle donne
Colui che dal fianco t’estrasse,
dalla Vergine di Sion viene
e dà vita alla Madre dei viventi.

Rallegratevi il Terrestre e la Vivente
dall’antica serpe foste ingannati,
dalla Vergine Madre viene il Figlio
che schiaccia il capo al Tentatore.

Rallegrati padre Caino
che Abele nel campo uccidesti,
il Vivente in eterno viene
per donarvi la Vita sprecata.

Rallegrati padre Lamech
che per ogni graffio ti vendicasti,
viene il Longanime Misericordioso
a perdonare settanta volte sette.

Rallegrati padre Noè
il Giudice che dall'acqua ti salvò,
avvolto d'acque materne
viene a purificare il cosmo.

Rallegrati padre Abramo
che la decima offristi a Melchisedeq,
viene il Sacerdote del Dio altissimo
per offrire e ricevere.

Rallegrati principe Abramo
Uno dei Tre che accogliesti
viene nel Figlio unigenito
per compiere la promessa.

Rallegrati principessa Sara
ridesti origliando la promessa,
viene il Figlio promesso
a svelare la sorgente del riso.

Rallegrati padre Isacco
che innalzato fosti sul Moira,
si abbassa fino a noi
l'Innalzato che attrae tutti a sé.

Rallegrati madre Rebecca
conquistata dal tenero Sorridente,
viene Colui che arride
ai mondi e ai tempi futuri.

Rallegrati padre Giacobbe
che la scala del paradiso sognasti
scendendo il Figlio dell'uomo
riapre la porta del cielo.

Rallegratevi figlie di Labano,
Lia madre ricca di figli
Rachele sposa prediletta,
lasciatevi consolare da Maria.

Rallegrati padre Giuda
il tuo Leone ruggisce
e con Scettro di ferro
domina tutte le nazioni.

Rallegrati Tamar vedova cananea
la tua fede osò senza vergogna,
la vita che desiderasti senza ritegno
viene in Colui che nel grembo portasti.

Rallegrati padre Giuseppe
come schiavo fosti venduto
il Servo del Signore s'inginocchia
per lavare i nostri piedi.

Rallegrati profeta e padre Mosè
che il Nome e la Legge ascoltasti,
viene il profeta ed il Figlio
a rivelare la grazia e la verità.

Rallegrati Mosè amico di Dio
la Gloria del Signore che solo vedesti
risplende per tutti nel Volto:
il Padre si mostra nel Figlio.

Rallegrati profeta Balaam
ecco l'Amen di Dio,
Colui che hai benedetto
viene per benedire.

Rallegrati santa prostituta Raab
che tradisti il tuo popolo
per salvare le spie d’Israele,
viene il Salvatore di tutti i popoli.


Seconda parte: Profeti
 
Michelangelo, Cappella Sistina, profeta Isaia
Rallegrati Debora profetessa d’Israele
che guidasti con mano forte,
viene il Signore della terra
ove scorre latte e miele.
 
Rallegrati giudice Samuele
viene il vero Re d'Israele
e come una chioccia
raduna i suoi pulcini.

Rallegrati re Davide
cantasti il Cristo come Primogenito
l'Altissimo sopra tutti i re della terra
generato prima della stella del mattino.

Rallegrati profeta Natan
il pastore d'Israele torna
per difendere la sua pecorella
dai soprusi dei prepotenti.

Rallegrati re Salomone
edificasti il Tempio del Signore
viene l'Architetto del cosmo
la Sapienza abita tra di noi.

Rallegrati profeta Elia
che ardi di zelo per il Signore,
viene il Messia a battezzare
in Spirito Santo e fuoco.

Rallegrati profeta Michea
a Betlemme annunciasti la nascita del Messia
Colui che pascola il suo gregge
con la potenza e la forza del Signore.

Rallegrati profeta Isaia
poiché si sta compiendo il grande segno:
la Vergine partorirà un Figlio
Emmanuele sarà il suo Nome.

Rallegrati re Giosia
che il perduto rotolo ritrovasti,
viene la Legge di Dio
a ritrovare le vie del cuore.

Rallegrati profeta Geremia
che annunciasti al popolo l'esilio
e ne ricevesti persecuzione
viene la Pietra scartata dai costruttori.

Rallegrati profeta Ezechiele
che contemplasti l'esilio della Gloria,
viene il Figlio glorificato
da angeli, pastori e soldati.

Rallegrati profeta Gioele
che annunciasti il Giorno del Signore,
viene il Giudice del mondo:
alberi e fiumi danzano di gioia.

Rallegrati profeta Giona
che i niniviti convincesti a convertirsi,

scendendo nel cuore della terra
viene il Pesce che tutti salva.

Rallegrati profeta Sofonia
il Signore è in mezzo a noi,
Egli danza ed esulta di gioia
con il suo amore Egli ci rinnova.
 
Terza parte: SCRITTI
 
Michelangelo, Cappella Sistina, Sibilla Delfica

Rallegrati Giobbe il saggio
tu che fosti provato,
viene il Servo sofferente
per guarire le nostre ferite.

Rallegrati Rut la moabita
amasti la suocera vedova ormai vuota,
viene Colui che era già prima
ad aprire la patria eterna.

Rallegrati profeta Daniele
che vedesti sulle nubi del cielo
l'avvento del Figlio dell'uomo,
viene il Giudice del mondo.

Rallegratevi Anania, Azaria e Misaele
servi fedeli del Signore Dio,
l’Angelo che dal fuoco vi salvò
viene per salvare tutte le creature.

Rallegrati Socrate il filosofo
della verità testimone della coscienza,
viene la Luce della Vita
che illumina ogni uomo.

Rallegratevi fratelli Maccabei
fedeli a Dio fino alla morte,
viene il Redentore dei corpi
a restituire l'integrità agli uomini.

Rallegrati Virgilio il poeta
cantasti l'umana attesa di redenzione,
nasce il bambino che reca
il sigillo dell'umile potere.


Epilogo

Rallegratevi voi tutti profeti
che avete atteso la venuta del Messia,
voi che l'avete contemplata da lontano
voi che l'avete annunciata per noi.

E tu, Giovanni, amico dello sposo
rallegrati e danza di gioia,
il Messia fin dal seno di tua madre
fa scendere lo Spirito Santo su di te.

Michelangelo, Cappella Sistina, dettaglio del Giudizio finale

domenica 4 settembre 2011

A piedi nudi

Jaume Huguet, XV sec.
   Oggi, festa di san Mosè, termina quel periodo estivo dedicato alla celebrazione del mistero della resurrezione della carne. Il destino glorioso del creato è fondato su Colui che è la primizia, Gesù Cristo morto e risorto che si trasfigurò per manifestare in anticipo la gloria futura e garantire così la speranza nella salvezza. Gloria in cui Maria sua Madre è già entrata, quando alla sua morte venne assunta in corpo ed anima. Gloria in cui sono già entrati il patriarca Enoc e il profeta Elia, perciò è giusto che tale periodo abbia inizio il 20 luglio con la festa di sant'Elia e abbia termine con la festa di san Mosè, i due testimoni celesti che apparirono sul Tabor per confermare che la persona, l'opera e la predicazione di Gesù sono conformi alle Scritture.


   La parabola lucana del ricco e del povero Lazzaro, oltre all'insegnamento morale a fare buon uso della ricchezza per non esserne divorati, insegna due verità di fede. La prima verità riguarda la fede stessa e più precisamente la sua origine; essa non nasce dall'incontro con fatti straordinari che alimentano solo altre richieste di "segni" (Mt 12,38; 1Cor 1,22), come sarebbe l'incontro con un morto, ma nasce dall'ascolto della Parola di Dio così com'è trasmessa dai profeti: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro" (Lc 16,29). La seconda verità riguarda l'articolo di fede nella risurrezione dei morti, vincolato al regime dell'ascolto dei profeti di Dio: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti" (Lc 16,30); ciò vale precisamente per il caso specifico di Gesù risorto dai morti, la sua resurrezione non è avvenuta contro o senza le Scritture, ma secondo le Scritture, secondo la concorde testimonianza resagli sul Tabor dai due sommi rappresentanti di tutta la Scrittura: Mosè ed Elia.

   Mosè ha ancora molto da insegnare ai cristiani e alla Chiesa, come insegna Gesù stesso. Dal racconto della sua vocazione (Es 3,1-15) voglio porre in evidenza un particolare minore, ma che è anche il primo comandamento rivelato da Dio a Mosè, ben prima di rivelare il Decalogo: "Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!" (Es 3,5). Il comandamento si compone di due richieste e una motivazione Una prima prescrizione negativa: "Non avvicinarti oltre!", seguita da una seconda prescrizione positiva: "Togliti i sandali dai piedi", motivate dalla spiegazione: "perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!".

Ravenna, San Vitale

   La curiosità ha condotto Mosè ad avvicinarsi per vedere un "grande spettacolo: perché il roveto non brucia?" (Es 3,3). Grande spettacolo è la visione del roveto che arde senza consumarsi, come è possibile? cosa significa? Il paradosso del roveto ardente che non si consuma descrive l'incontro del mondo creato con Dio Creatore. Le creature non periscono nell'incontro con il loro Creatore, ma per il mancato incontro con Dio periscono: avendole create per sé, quando le incontra, le fa ardere d'amore.

   Per accedere al mistero grande dell'amore folle di Dio per il mondo, è necessario seguire Dio perinde ac cadaverem: Lui solo si rivela, come e quando vuole, Fuoco che arde e non consuma. Per questo dopo aver attratto Mosè con la santa curiosità di osservare il grande spettacolo, Dio lo respinge lontano da sé. Non è sulla volontà umana che si può contare per avvicinarsi a Dio, dato che la propria volontà ci ha allontanati dannatamente da Lui! Tanto meno si può far conto sulla ragione umana, l'altro grande dono divino con la libera volontà che nobilita l'umanità: "Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza" (Inferno XXVI,119-120), dato che essa è confusa, distratta ed ingannata dalle molte luci che risplendono dentro e fuori di sé: "Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me" (Kant, Critica della ragion pratica), si da non riconoscere la prima e maggior Luce del Creatore.

Botticelli, Sistina, particolare della Scene della vita di Mosé
   Se vuol proseguire, Mosé deve togliersi i sandali e restare a piedi nudi. Il testo non dice esplicitamente che Mosé obbedì, ma la cosa è implicita nel fatto che il racconto non si interrompe per siffatta disobbedienza ma prosegue, e prosegue grazie ai piedi nudi di Mosé, piedi pieni d'obbedienza coi quali s'avvicina al grande spettacolo del Mistero di Dio che si rivela nel mondo, ma non troppo fino al punto da non vedere più nulla.
Senza i suoi sandali, il pastore è privo della protezione necessaria per camminare sulla terra scabrosa e correre se necessario, lasciandolo vulnerabile e alla mercé dei pericoli come maltempo, fiere e nemici. Tale vulnerabilità lo pone integralmente nelle mani di Dio, cosicché il gesto di togliersi i sandali espone la fiducia dell'uomo e simmetricamente la credibilità di Dio.

   Inoltre, i piedi nudi entrano a contatto diretto e salutare con la nuda terra, per quanto scabrosa e dura, sorgente di vita, matrice dell'uomo che dalla sua polvere è stato plasmato dal Vasaio divino, La nudità dei piedi espone perciò la creaturalità dell'uomo e simmetricamente Dio come suo Creatore, manifestando l'umiltà di entrambi: l'Umiltà divina che non disdegna di sporcarsi le mani per impastare con semplice argilla l'uomo e neppure disdegna di rivelarsi a Mosé in un qualunque roveto desertico che arde e non si consuma; l'umiltà umana di Mosé che accetta di togliersi i sandali per obbedire alla voce che gli parla dal roveto, mettendo oggettivamente in pericolo non solo se stesso ma anche le greggi e quindi la vita della sua famiglia.

Matteo Rosselli, 1623

Togliersi le calzature e restare a piedi nudi è un gesto necessario per entrare in contatto con Dio.
Innanzitutto è prescritto da Dio e non frutto del sentimento religioso umano, una richiesta semplice e che oggettivamente costa poco, poiché Dio non è mai esagerato.
Sancisce anche fisicamente la distinzione tra la vita ordinaria e la preghiera, è un gesto-soglia che fa entrare nello spazio-tempo dedicato al dialogo con Dio, dall'ascolto della sua voce e alla preghiera.
Preghiera che necessita della vulnerabilità, della creaturalità e dell'umiltà umane.

martedì 30 agosto 2011

Clerocentrismo malattia della Chiesa

Ho letto e riletto la Lettera che il mio vescovo, mons. Luciano Monari, ha scritto per spiegare le motivazioni e gli obiettivi del prossimo Sinodo sulle Unità Pastorali. Nella premessa iniziale descrive con rapide pennellate la situazione strutturale della pastorale odierna: "La Chiesa locale è articolata in parrocchie e ciascuna parrocchia è assegnata a un parroco che ne è pastore proprio e ne ha quindi piena responsabilità. Naturalemente possono darsi delle collaborazioni [...] ma la relazione parrocchia-parroco rimane assoluta ed esclusiva: nella parrocchia il parroco è tutto, fuori della parrocchia è niente".

Questa descrizione è veritiera e nella frase che ho evidenziato sta uno dei problemi fondamentali della Chiesa, o come scrisse il Rosmini, una delle piaghe del Corpo ecclesiale di Gesù Cristo: il clericalismo o clerocentrismo.
Infatti, il centro della santa Chiesa non è altri che Gesù Cristo e nessuno può scalzare questa Pietra posta a fondamento eterno da Dio Padre, il Quale paradossalmente s'è servito del rifiuto dei costruttori  per edificare la Casa di Dio e così mostrare che è solo sua: "La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo. Questo èstato fatto dal Signore" (Sal 118,22-23). Ma questo dato teologico immutabile deve essere accolto ogni giorno dagli uomini che si è scelti, i quali invero hanno una volontà assai instabile.

Il clericalismo è una degenerazione che colpisce non solo il clero, ma anche tanti bravi laici impegnati, mentre il clerocentrismo, con il suo pesante fardello di responsabilità legate al potere, è quella variante del clericalismo che colpisce il clero.
Non è bene che il parroco nella sua parrocchia sia tutto e fuori sia niente. Questo duplice ed opposto eccesso è insano. Nessuno sano di mente può e vuole essere il tutto. Il marito o la moglie, non sono il tutto nella famiglia e nella coppia, sono ciascuno una parte correlata all'altra, ed insieme lo sono verso i figli.
Questo equilibrio umano si fonda sul primo comandamento, sul rifiuto degli idoli e sulla lotta costante contro il rischio perenne dell'idolatria. Nessuna creatura, nemmeno la più perfetta come la Beata Vergine Maria, è il tutto, tanto meno lo possono essere dei poveri uomini maschi e celibi come i parroci!
Solo Dio è il tutto, l'alfa e l'omega, l'Uno e Unico Signore: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile: non avrai altri dèi di fronte a me" (Es 20,2-3)
Conseguenza dell'unicità di Dio e della sua Signoria è che ciascuna creatura è solo una parte e nessuna creatura può diventare il tutto.
Il parroco, allora, non deve più essere il tutto nella sua parrocchia e niente fuori, ma può essere il ministro di Dio sia nella parrocchia che al di fuori.

Passando dalle parrocchie alle unità pastorali non credo che questo grave problema del clerocentrismo trovi soluzione, viene solo trasferito da una struttura pastorale vecchia di secoli ad una nuova struttura, forse più adatta ai cambiamenti sociali, sicuramente alla moda.Che non abbia ragione Tomasi di Lampedusa quando nel Gattopardo scrive: "Tutto cambia affinchè nulla cambi"?

domenica 28 agosto 2011

Il principe e il pescatore




Bel libro e bella scrittura.
L'autrice narra con pathos molto coinvolgente (mi sono più volte commosso), a cavallo tra il thriller e il resoconto storico, come siano avvinte inestricabilmente le vicende elencate dal sottotitolo: "Pio XII, il nazismo e la tomba di san Pietro in Vaticano".
Ulteriore conferma che il servo di Dio Eugenio Pacelli - papa Pio XII è un santo, ed il silenzio che egli osservò sulla shoah gli permise di promuovere la salvezza di migliaia di ebrei.
Il grande vescovo di Antiochia, Ignazio che fu martirizzato a Roma, implorò i cristiani romani di non intercedere a suo favore per non privarlo della palma del martirio con queste parole, amate ed incomprese da certo cristianesimo minimalista: "E' meglio tacere ed essere che parlare e non essere", parole che molto bene descrivono la scelta compiuta da Pio XII, nascondere nel silenzio l'opera magna di salvare quanti più ebrei possibile, non tanto per l'umiltà che deve accompagnare ogni gesto di carità: "Non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra", ma come conditio sine qua non dell'opera di salvezza.
La qualità di un libro si vede anche dalla quantità di libri che invoglia a leggere e questo è un ottimo libro.

sabato 27 agosto 2011

Mistica della carne



Fenomenale.
Spero di leggerlo a mia moglie.

Dotta apologia del principio teologico oggi forse più in pericolo: "Caro cardo salutis".
 Carne fragile per la sua innata debolezza fisica e morale.
  Carne nuda naturalmente umile, carnalmente vicina a Dio.
   Carne ferita condannata a morire per l'unione all'anima orgogliosa e peccatrice.
    Carne sessuata intimamente protesa all'unione carnale a far godere lo spirito incarnato.
     Carne vivente che canta: Babbo!
Carne, il cardine della salvezza.

sabato 13 agosto 2011

La pasqua estiva: dalla Trasfigurazione all'Assunzione

Nel cuore dell'estate, quando nell'emisfero settentrionale il sole risplende in tutto il suo fulgore, festeggiamo a pochi giorni l'una dall'altra la Trasfigurazione del nostro Salvatore Gesù Cristo e l'Assunzione della di lui Madre, la sempre Vergine Maria. Più che la vicinanza temporale, ciò che unisce intimamente queste due gloriose feste estive è il loro contenuto: lo splendido destino della carne, destino stabilito da Dio che ha creato la carne umana non per la morte ma per la gloria della resurrezione.
Gloria della vita eterna che brillò per un breve momento nella carne mortale di Gesù mentre pregava sul Tabor in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni.
Gloria della vita eterna che assunse in corpo ed anima la beata e sempre vergine Maria quando la madre benedetta del Signore giunse al termine della sua esistenza terrena.
Gloria della vita eterna che aspettiamo con vivo desiderio per essere con il Signore per sempre, non solo nell'attuale interiorità delle anime nostre, bensì nell'esteriorità futura dei nostri corpi gloriosi.

Trasfigurazione, 2003
Per edificare la preghiera estiva sul fondamento stabile della speranza è utile pregare davanti alla santa Immagine della divina Trasfigurazione di Gesù Cristo, affinché tutti i nostri sensi siano illuminati dalla Luce che brilla nella sua carne, affinché la nostra mente venga istruita dalla Rivelazione della Scritture profetiche che come lampada brillano in luogo oscuro, affinché i nostri cuori troppo deboli per riconoscere il Signore risorto ascoltino in silenzio adorante la tonante voce di Dio: "Questi è il Figlio mio, l'amato, in lui ho posto il mio compiacimento, ascoltatelo" (Mt 17,5). Non limitiamo la contemplazione della Trasfigurazione ai meravigliosi nove giorni in cui assaggiamo gli antipasti del banchetto eterno, grazie alla compagnia di Gesù trasfigurato e di Maria assunta in cielo,  ma estendiamo tale gioia degli occhi, della mente e del cuore ai giorni che intercorrono tra la festa di sant'Elia (20 luglio) e la festa di san Mosè (4 settembre), i due profeti della prima alleanza che appaiono sul Tabor accanto a Gesù nella sua gloria per testimoniare che egli è il Messia promesso da Dio.
Il Mistero "avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le Scritture dei profeti" (Rom 16,25-26) viene svelato dalla divina testimonianza resa dal Padre al Figlio amato, quando ordinò: "Ascoltatelo!" (Mc 9,7). Obbedendo alla voce del Padre, focalizziamo l'attenzione sul Cristo trasfigurato: "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt 17,2). Nella trasfigurazione la Luce increata che "è nel seno del Padre e lo ha rivelato" (Gv 1,18) emerge dalle divine profondità del suo essere Figlio e trasfigura la carne, facendola risplendere della Gloria che arde nel roveto ardente della divinoumanità. Il volto solare e le vesti lucenti esprimono nel solido palpitante silenzio della carne umana il fine della sua divina incarnazione: "il Verbo si fece carne" (Gv 1,14) affinché la carne del Verbo ricevesse nelle sue radici cellulari e materiche la Vita di Dio, affinché la carne di Gesù Cristo potesse ardere della Luce primigenia. La sua carne di luce è la nostra carne per identità di natura essendo nato da donna, la Vergine Maria; è la nostra carne per identità di destino poichè per noi peccatori è morto e risorto per darci la sua vita immortale.

Assunzione, Duccio di Buoninsegna (1287-90), Vetrata del Duomo di Siena

L'assunzione di Maria santissima, non è un privilegio esclusivo di colei che generando il Verbo della Vita gli donò la carne e il sangue, ma è inclusiva dell'umanità, indicativo del nostro destino. Maria assunta è la prima creatura ad esser entrata nel Regno di Dio integralmente, corpo ed anima, la prima a vivere nella patria celeste, nel grembo della Trinità. La sua assunzione ci garantisce che il destino eterno di noi povere creature peccatrice è nel Creatore che è altresì Salvatore e Vivificatore. Come afferma l'apostolo Paolo nella seconda lettura della solennità dell'assunta: "Cristo è [...] la primizia di coloro che sono morti" (1Cor 15,20), il primo uomo a risorgere dai morti per la vita eterna; ma Cristo non è solo un uomo, è anche Dio, non è solo la prima creatura ad entrare nella vita eterna, è anche Figlio di Dio e Salvatore, sorgente eterna della vita. Maria santissima, invece, è solo una creatura, la prima creatura ad aver parte carnalmente alla resurrezione del Figlio: "in Cristo tutti riceveranno la vita" (1Cor 15,22). Come la donna fu tratta dal costato dell'uomo (Gen 2,21-22), così Maria è tratta dal costato di Cristo; e come Eva, ignorando il comando divino, diede inizio al peccato, così in Maria ebbe inizio la salvezza, senza meriti propri ma per i meriti futuri di Cristo: "Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo" (1Cor 15,23) e con Cristo primizia anche la madre è primizia e come canta Dante: "figlia del tuo figlio" (Paradiso XXXIII,1), noi, invece, aspettando la venuta di Cristo speriamo di essere tra quelli che sono di Cristo perchè la sua resurrezione sperimentata dall'anime nostre in vita si estenda ai nostri corpi mortali dopo la morte, affinché come dice l'apostolo: "è necessario che questo corpo corruttibile si vesta d'incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d'immortalità" (1Cor 15,53).

Michelangelo, Giudizio Universale

sabato 30 luglio 2011

Verità fedele, fedeltà vera

In questi ultimi tempi, la Chiesa Cattolica alla quale mi onoro appartenere, è sottoposta ad un attacco sistematico che proviene dal suo interno, la qual cosa lascia l'amaro in bocca ed intristisce il cuore. Non stupisce, infatti, che i cristiani siano perseguitati da parte delle ultime dittature comuniste quali la Cina, il Viet-Nam e la Corea del Nord, o dai regimi teocratici islamici quali Arabia Saudita, Sudan del nord, Iran, Pakistan. Nemmeno è causa di meraviglia che il mondo chieda suadente all'uomo contemporaneo di non ascoltare la voce di Dio, per poter seguire le proprie instabili voglie. Ma che siano proprio dei membri della Chiesa, per di più ministri ordinati o professori di teologia, ad accodarsi dietro al mondo nell'innalzare l'idolo del proprio mutevole io con le sue sue voglie impermanenti... beh, ciò lascia interdetti.

Kirche 2011 è il manifesto di professori di teologia nato nella Chiesa Cattolica tedesca, di cui ho già scritto in post precedenti. Ad esso ha fatto seguito nella Chiesa Cattolica austriaca, l'appello alla disobbedienza (sic!) della cosiddetta "Iniziativa parroci", sottoscritto da 300 preti austriaci. Giungono, poi, i rinforzi dalla Chiesa Cattolica americana, 157 preti che appoggiano Roy Bourgeois, un sacerdote appartenente all'ordine di Maryknoll, scomunicato nel 2008 per aver preso parte all'ordinazione sacerdotale di alcune donne. Costoro dichiarano perentoriamente di approvare e chiedono di concedere:
  1. il matrimonio agli omosessuali
  2. l'ordinazione sacerdotale alle donne
  3. il matrimonio ai preti
Ai fratelli che sottoscrivono questi manifesti mi sento solo di dire poche cose.
Le loro richieste sono sempre le solite e paiono francamente ridicole perché ormai fuori tempo massimo: il '68 è solo un mero oggetto di studio, forse di nostalgia, sicuramente non è più attuale e neppure una risorsa per il futuro. Quindi, li invito caldamente a non restare in mezzo al guado, nella Chiesa Cattolica ma non del tutto, sono nella Chiesa ma sono del mondo. Sappiano scegliere con coraggio e intelligenza se stare nella Chiesa non solo con il portafoglio ma anche con il cuore e la mente, oppure se abbandonare la Chiesa per andare dove ordina loro la coscienza. Dalle proprie invincibili convizioni bisogna saper trarre tutte le conseguenze: l'appartenenza alla Chiesa è libera, mentre non lo è la sua natura più intima, sovranamente decisa da Dio, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Poi le mie riflessioni.
Ciò che quì è in ballo, non è una delle quisquiglie iper-moderne richieste che scimmiottano le mode mondane, quanto la questione della Verità, verità di Dio, verità dell'uomo, verità dell'amore. Da buon peccatore conosco molto bene la tragica e triste profondità cui giungono le radici del mio peccato e delle mie infedeltà, ma non ne faccio un vanto, non sono così sciocco da pretendere che il mio peccato, siccome è duro da estirpare e amaro da sopportare, magicamente diventi un bene di cui andar fiero, un diritto da sbandierare, un progetto di riforma della Chiesa. Ma per mia fortuna e salvezza, non sono solo ed abbandonato in questa volubilità mondana, ma la Verità si è fatta vicina a me come ad ogni uomo: "Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore" (Dt 30,14), Verità percepibile, conoscibile (1Gv 1,1s). Il Dio che si è rivelato per mezzo dei profeti e di Gesù Cristo, è la Verità affidabile, credibile: Egli è la Roccia sicura sulla quale è auspicabile gettare le fondamenta.

Il matrimonio tra persone delle stesso sesso è una sciocchezza per la ragione umana ed il buon senso, dato che il matrimonio accanto a cose utili ma non necessarie come il fuoco della passione ed il rispetto, ne presuppone un paio necessarie ma non sempre utili quali la differenza sessuale tra l'uomo e la donna e la loro libertà contrattuale. La verità della coppia umana e della sua sessualità, fin dal principio e per sempre, è la differenza e la complementarietà dell'uomo e della donna, l'uno relativo all'altra. Questa verità della persona umana raccontata dalla sacra Scrittura è coerente con la natura animale del maschio e della femmina descritta dalla biologia, coerenza biologica che conferma la verità spirituale che si radica nella dualità complementare dell'uomo e della donna.

Circa l'ordinazione sacerdotale alle donne. Il 15 ottobre 1976 la Congregazione per la Dottrina della Fede spiegò, con la dichiarazione Inter insigniores, che la Chiesa non può mutare alcunché della sua divina costituzione, nella quale rientra la sovrana decisione di Gesù Cristo di chiamare come apostoli solo uomini maschi. Siccome non c'è miglior sordo di chi non vuol sentire, gli scontenti di tale spiegazione che non lasciava adito a dubbi, obbiettarono che un semplice Ufficio della Curia Romana non equivale al Magistero del Papa, come se il Papa, invece, avesse il potere di modificare la divina costituzione della Chiesa. Perciò il 22 maggio 1994 il beato Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis confermò la posizione tradizionale della Chiesa che seguendo il Signore Gesù, riserva soltanto agli uomini l'ordinazione sacerdotale. Anche l'asina di Balaam avrebbe ormai compreso che la Chiesa Cattolica, le Chiese Ortodosse e alcune Comunità Protestanti fedeli alla Scrittura non ritengono possibile il sacerdozio ministeriale femminile, perché sono vincolate alla Scrittura che testimonia tale scelta. Chi vuole a tutti i costi il sacerdozio femminile non ha che da passare alle Comunità protestatanti che lo ammettono.

Il matrimonio dei preti è un'altra sciocchezza per il mero buon senso. Infatti, per la Tradizione universale della Chiesa il sacramento dell'Ordine rende definitivo ed immodificabile lo stato dell'uomo che riceve l'ordinazione ministeriale: resterà celibe se era celibe al momento dell'ordinazione, quando impegna liberamente la sua volontà al celibato per il Regno dei cieli; oppure rimarrà coniugato  se era sposato al momento dell'ordinazione, quando la moglie acconsente a che suo marito riceva l'ordinazione, il quale accetta liberamente di non risposarsi qualora restasse vedovo. Quei preti che tradendo la parola data, dal celibato per il Regno sono passati ad essere concubini di una donna, devono solo fare l'unica opera salvifica, per sé, per la loro concubina e per la Chiesa che li ha ordinati, essere sinceri e scegliere tra il ministero e la vita coniugale ed una volta fatta la scelta, esserle fedeli.

Tessaglia, Aghia Triada
Infine alcuni auspici rivolti alla Chiesa e ai suoi ministri.
Alla Chiesa suggerisco di conservarsi fedele a Dio piuttosto che agli uomini e le ricordo la testimonianza di fedeltà a Dio resa dai martiri. Non tema le conseguenze della fedeltà. Lo strepitoso successo goduto da Gesù, durò solo un momento che lui concluse senza fare sconti a nessuno, né ai suoi discepoli né a sua madre, con la domanda: "Volete andarvene anche voi?" (Gv 6,67). Nessuno è obbligato a rimanere nella Chiesa contro la propria coscienza, come nessuno può plasmare la Chiesa a propria misura, come insegna l'apostolo la Chiesa non è di Paolo, né di Apollo, né di Cefa, ma è di Dio (1Cor 1,2.12).
Ai pastori della Chiesa ricordo che sono stati ordinati per guidare e sorvegliare la Chiesa, verso la quale non devono usare solo l'amorevole misericordia materna (1Tess 2,7-8), ma anche la dura sferza paterna (1Tess 2,11-12), per non generare figli bastardi che ignorano la correzione del Signore (Eb 12,4-11). Ma soprattutto ricordino che sono stati inviati ad annunciare il Vangelo di Cristo, unico perché "non ce n'è un altro" (Gal 1,7), immutabile dato che nemmeno l'apostolo Paolo e neppure un angelo dal cielo possono modificarlo, come è scritto: "se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!" (Gal 1,9-10).

domenica 24 luglio 2011

Anch'io insisto: la Chiesa ritorni a Dio

Il 21 giugno Sandro Magister ha pubblicato sul suo sito Chiesa.it l'ennesima puntata di un avvincente dibattito dedicato a vari aspetti dell'ermeneutica del Concilio Vaticano II: si tratta di un lungo articolo composto dall'intervento del prof. Enrico Morini "Continuità e rottura: i due volti del Concilio Vaticano II" e dai commenti di Francesco Arzillo, di padre Giovanni Cavalcoli e di Martin Rhonheimer. Il 15 luglio Enrico Morini risponde ai suoi tre critici con un articolo pubblicato sul blog di Sandro Magister Settimo Cielo.
La tesi del Morini è composta di due elementi distinti:
  1. continuità e rottura sono due chiavi ermeneutiche complementari, non alternative, entrambe necessarie
  2. lo scisma tra Roma e Costantinopoli è la rottura da sanare, recuperando quella "continuità con la tradizione del primo millennio" che è stata l'intenzione messa in opera da Giovanni XXIII e dalla maggioranza dei padri conciliari nel Concilio Vaticano II e che ha raggiunto il suo acme il 7 dicembre 1965 con la revoca delle scomuniche del 1054
Il primo è un principio generale che condivido integralmente, come ho scritto nel post del 10 luglio, il secondo elemento è la sua applicazione ad un episodio storico concreto qual è il Concilio Vaticano II, applicazione che non condivido. Anch'io sono perplesso e dubbioso, come Francesco Arzillo, di tale ipotesi ermeneutica del Vaticano II. Francamente mi pare indebito e sbagliato applicare una tesi preconfezionata all'interpretazione di un fatto storico; ciò determina una comprensione riduttivistica del fatto storico in esame, nello specifico del Vaticano II. Cosa è successo in Occidente, a cavallo tra primo e secondo millennio, che ha intorbidato pur non avendo interrotto il flusso vitale della Tradizione?

Quale esempio della necessità attuale di un ritorno alla "teoria e alla prassi ecclesiale del primo millennio" Morini cita la successione sulla cattedra di sant'Ambrogio di cui non condivide il metodo. Cosa non condivide del metodo con cui Benedetto XVI ha nominato il card. Scola: l'ampia consultazione dell'episcopato lombardo ed italiano e del laicato ambrosiano? la discussione in sede di Congregazione dei Vescovi? il potere di nomina che sta in capo al papa? la possibilità di spostare un vescovo da una sede episcopale all'altra?

Reputo che la Chiesa Cattolica debba ritornare, ma non ad una qualsiasi epoca del suo passato, bensì a Dio.
Ciò facendo, riscoprendo cioè la natura lunare della sua identità, di cui hanno scritto il card. de Lubac e Hugo Rahner ed è affermata nell'incipit della Costituzione dogmatica sulla Chiesa: "Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa" (LG 1). Il volto della Chiesa risplende, non della propria luce come Lucifero, ma della luce del Cristo, Sole di giustizia che nel volto amato della sua fidanzata, la Chiesa, si riflette illuminando tutti gli uomini. Perciò è urgente ed essenziale recuperare l'orientamento della preghiera, di ogni preghiera, dalla preghiera comunitaria alla personale, dalla preghiera liturgica alla devozionale.


Ancora due appunti alla risposta del Morini, laddove afferma che il palamitismo "è dottrina ufficiale della Chiesa ortodossa". Mi pare inesatto, poichè l'ottavo Concilio Costantinopolitano (1341, 1347, 1351) si è limitato a condannare come eretiche le tesi teologiche di Barlaam il calabro e Acindino e viceversa a confermare dogmaticamente la tesi teologica sviluppata da Gregorio Palamas in difesa degli esicasti. Tale conferma dell'ortodossia di tale teologia non equivale a farne dottrina ufficiale. 
Infine mi pare riduttivo, o quanto meno generico, descrivere l'apporto fondamentale del Palamas alla teologia cristiana nei termini proposti dal Morini: "è essenziale per la deificazione dell'uomo conoscere Dio", poiché egli difese il primato della mistica nella vita cristiana, ovvero che l'esperienza di Dio è possibile già ora, l'uomo può vedere la Luce deificante di Dio, come i tre discepoli sul Tabor, esperienza reale che coinvolge tutto l'uomo; a tale esperienza mistica Palamas diede giustificazione teologica distinguendo in Dio l'Essenza inconoscibile e le Energie conoscibili dalla mente e percepibile dal corpo.



mercoledì 13 luglio 2011

Cercate il mio volto

Recentemente padre Matias Augé sul suo blog liturgia opus trinitatis ha affrontato più volte il tema capitale dell'orientamento, sia in prima persona sia in dialogo con Andrea Grillo e provocando abbondanti commenti non sempre pacati.

Perché limitare alla celebrazione eucaristica e al suo interno alla preghiera eucaristica la questione dell'orientamento? Tale limitazione crea un confine innaturale tra la preghiera e la Preghiera somma dell'Eucaristia, confine che non esprime una distinzione chiarificatrice bensì una mortifera separazione. L'orientamento è un tema capitale della preghiera, di ogni preghiera. Tema capitale perché grazie ad esso si discerne il termine ultimo della preghiera, non un nome qualunque, ma il Dio vivo e vero che si è rivelato e rivolto a noi nel Figlio suo. Limitare alla sola Eucaristia la questione dell'orientamento significa impostare male tale questione, imboccando una deriva ritualistica assai riduttiva, che inevitabilmente scatena il conflitto tra fautori della celebrazione "verso il popolo" e fautori del "verso Dio", come s'evince dai numerosi commenti. Significa separare artificiosamente e mortalmente la preghiera dalla preghiera delle preghiere, dall'eucaristia, condannando la preghiera alla sterilità e impedendo allo Spirito Santo di far crescere l'uomo, integrandolo nel cosmo e nella storia della salvezza.

Definire l'orientamento predominante della s. Messa dopo il Tridentino "verso l'abside" è una definizione perniciosa e malevole, fondata su di una premessa inficiata di parzialità. Questa premessa inficiata di parzialità, genera una ricerca orba e una deduzione monca, segnata dalla stessa parzialità della premessa. Sarebbe come definire l'orientamento predominante dopo il Vaticano II "verso la porta". Lo sciocco guarda il dito che indica la luna, mentre il saggio guarda prima il dito indicante e poi la luna indicata. Infatti, l'abside ospita due elementi liturgici verso i quali è rivolta la preghiera tridentina: il Tabernacolo e le sante Immagini, entrambi elementi esodici, nel senso che la preghiera fa tappa su di loro per andare altrove, alla ss. Eucaristia custodita nel Tabernacolo e al Prototipo celeste rappresentato nelle sante Immagini. Allo stesso modo anche p. Augé spiega in che senso l'altare e non il sacerdote sia il centro verso cui convergere nella celebrazione eucaristica, in quanto segno oggettivo di Cristo al quale l'altare consacrato rimanda.

Tutta questa attenzione circa l'orientamento del clero, se verso il popolo o verso l'abside, è segno ed epifania di clericalismo. Una malattia, quella del clericalismo, già diagnosticata dal Rosmini nel 1835 ma che dopo il Vaticano II non è certo migliorata, anzi, è una patologia che nel clero si è aggravata e per di più si è diffusa anche al laicato! Piaga, come la chiama Rosmini, alla quale non è estraneo, a mio avviso, aver collocato la sede del presidente dell'Assemblea liturgica di fronte alla stessa, esclusivamente vis a vis, fissando così in quell'unico aspetto della mediazione sacerdotale il clero, quello di rappresentare Dio per il Popolo Dio e oscurando l'altro essenziale aspetto ad esso complementare, quello di rappresentare il Popolo di Dio presso Dio.

Non c'è solo "la convenienza di pregare verso il Signore" come afferma p. Augé. La convenienza può essere maggiore o minore, mentre essere orientati al Signore è necessario per pregare; in verità, se non ci si rivolge al Signore Dio, ci si rivolge a qualcun'altro, ad uno dei tanti idoli che l'uomo costruisce infaticabilmente con le sue mani. Perciò è urgente, oggi come sempre, orientarsi correttamente quando si prega, per discernere se preghiamo Dio o io, se pregando andiamo oltre il nostro piccolo mondo per entrare nel mondo di Dio, se smettiamo di girare attorno al nostro ombelico per essere come Dio comanda, se cessiamo di vagabondare fuori di noi estranei a noi stessi per entrare finalmente nel talamo nuziale del nostro cuore. La questione di Dio è intimamente intrecciata con la questione della preghiera, e la questione della preghiera è intimamente intrecciata con la questione dell'orientamento: ortodossia innanzitutto significa retta glorificazione di Dio, ancor prima che professione della vera fede, è l'antico adagio lex orandi lex credendi.
Allora la questione essenziale è la seguente: dov'è Dio? Dove lo si può trovare? Dove abita?
P. Augé identifica correttamente tale questione, ma nel cercare di formulare una risposta confonde il Creatore e le creature. Certamente il prossimo è un sacramento di Dio, ma per l'appunto un sacramento, non Dio stesso. Amare non è sinonimo di pregare. Nel campo dell'amore l'apostolo Giovanni insegna che non si può amare Dio che non si vede, se non si ama il fratello che si vede (1Gv 4,20). Invece pregare indica in esclusiva la relazione con Dio. Relazione che ciascuno deve coltivare perché costitutiva della sua essenza di creatura. Quindi riconoscere Cristo negli ultimi (compresi gli aborti, persone mai nate seppur create), non esaurisce la missione della Chiesa e la vocazione di ogni uomo, una riduzione orizzontalistica insipida; è necessario alzare lo sguardo per ripetere l'invito: "Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto".

domenica 10 luglio 2011

Continuità e rottura

Seguo con molto interesse il dibattito che si stà svolgendo sul sito chiesa e sul blog settimo cielo di Sandro Magister circa l'ermeneutica del Concilio Vaticano II. In particolare mi è piacito l'intervento del prof. Morini Continuità e rottura: i due volti del Concilio Vaticano II, al quale faccio le seguenti tre obiezioni ed una rapida considerazione sul tema continuità e rottura.

1. Anche la Tradizione, come la natura, non fa salti.
La continuità con il passato remoto del primo millennio non è possibile saltando il passato prossimo costituito dal secondo millennio. La continuità storica del presente con il passato implica l'integrità della storia passata, ovvero l'accoglienza serena di tutti i singoli istanti che nel loro complesso insieme costituiscono il passato, senza alcuna selezione che sarebbe rimozione alienante.
Per ritornare o recuperare il passato del primo millennio abbiamo necessità del secondo millennio senza il quale non abbiamo accesso nemmeno al primo millennio.

2. Se il primo millennio è l'epoca d'oro nella storia della Chiesa, mentre il secondo millennio l'epoca peggiore, abuso dello stesso schematismo, come può il meglio produrre il peggio? Può forse l'albero buono dare frutti cattivi? Le cause dello scisma tra Roma e Costantinopoli, sancito dalle scomuniche reciproce del 1054, grazie a Dio levate nel 1965, sono maturate tutte nel primo millennio

3. E' utile auspicare il ritorno della Chiesa ad un'epoca della sua storia e operare per un tale recupero? La Chiesa deve ritornare solo a Dio, non al proprio passato, quale che sia. Dio non è un mero ricordo del passato, buono da sigillare asettico in una teca museale. Dio è il Vivente, Colui che è, che era e che viene (Ap 1,4) e ritornare a Dio significa accogliere il suo avvento, prepararsi alla sua seconda venuta, volgersi alla sua escatologica parusia, tensione spirituale che è andata scemando nella Chiesa.

La tesi ermeneutica del prof. Morini è che il Cancilio Vaticano II sia stato intenzionalmente continuità e rottura.
L'et et è sicuramente un approccio cattolico, a differenza dell'aut aut. Questa regola ermeneutica dell'et et vale a fortiori per ciascun periodo della storia della Chiesa, dal Niceno I al Vaticano I.
Il Niceno I ha rotto con la tradizione precedente che formulava la fede cristologica utilizzando esclusivamente il linguaggio biblico, perché insufficiente per rispondere adeguatamente alle affermazioni e/o obiezioni eterodosse degli ariani, è con grande coraggio introdusse nella professione della vera fede un termine estraneo alla sacra Scrittura, il termine filosofico greco di "omoousios", in latino "consubstantialem", in italiano "della stessa sostanza". Tale rottura è stata funzionale e necessaria per garantire la continuità nella professione della fede in Cristo.
Ciò vale anche per la vita di Gesù?
A naso direi di sì, sia rispetto alle attese d'Israele suo popolo (dal tentativo fallito di farlo re al rifiuto di riconoscerlo come re), sia rispetto alla (in-)comprensione dei suoi discepoli (da Simon Pietro a Giuda, passando per Tommaso). La dinamica continuità/rottura appartiene alla forma stessa della fede plasmata dall'oggetto della fede, la morte e resurrezione di Gesù, appunto continuità e rottura.

domenica 24 aprile 2011

Triduo Pasquale 4. Terzo giorno

"A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè
  che Gesù è morto per i nostri peccati secondo le Scritture
  e che fu sepolto
  e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici"
(1Cor 15,3-5)

   Il Triduo Pasquale è compiuto con il notturno ingresso nella santa Domenica di Pasqua, è concluso dalla celebrazione della Veglia Pasquale che è notturna e tetramorfa.
Matthias Grunewald, anta destra del Polittico di Isenheim, 1515
   Matthias Grunewald, nel pannello dedicato alla Resurrezione dello splendido polittico dipinto per l'altare di Isenheim, coglie e valorizza la natura notturna della resurrezione di Gesù dai morti. Il Risorto si staglia nitido e sfolgorante sullo sfondo più che scuro della notte del mondo, sullo sfondo tenebroso del male, Egli è la Luce che brilla nelle tenebre "e le tenebre non l'hanno vinta" (Gv 1,5) perché il Dux vitae ha vinto il peccato e la morte, è la prima Parola detta da Dio, prima opera di Dio prima del peccato e primogenito dai morti dopo il peccato: Cristo risorto è il centro del mondo, comunque. La natura notturna della Veglia Pasquale è implicita nel nome stesso di Veglia; infatti, vegliare implica la sospensione del ciclo ordinario sonno/veglia con l'astensione dal dormire, attività che normalmente avviene nelle ore notturne e che ha un evidente significato simbolico affine alla morte. Il vegliare di questa notte, a differenza del vegliare la prima notte del Triduo, è la prima partecipazione alla resurrezione di Gesù: "Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà" (Ef 5,14). Chi dorme viene risvegliato dal Cristo Luce del mondo, ed essere risvegliato equivale a venire risuscitato, resurrezione che procede per gradi: ora, finchè si vive nel corpo, resurrezione dell'anima dalla morte spirituale del peccato, alla fine del mondo resurrezione del corpo dalla morte fisica. Cosicchè la sacra convocazione per vegliare nella terza notte introduce al Lucernario, primo atto della Veglia Pasquale.

El Greco, 1596-1600
 Anche Dominikos Theotokopoulos, alias El Greco, colse il carattere intimamente notturno della resurrezione di Cristo, soggetto che dipinse più volte sempre mantenendo alcuni elementi costanti. Il Risorto emerge tranquillo e potente, misericordioso e tremendo, come un fiotto di luce bianca e pura dal caotico groviglio di corpi sia dei soldati messi a guardia di un morto, raffigurati tramortiti e sconfitti, sia dei morti e dei morituri, rappresentati risorgenti in Lui, come dice l'apostolo Giovanni: "E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32).
 La Veglia è tetramorfa, ovvero si svolge in quattro liturgie che si susseguono l'un l'altra:
  1. il Lucernario o Liturgia del fuoco
  2. la Liturgia della Parola
  3. la Liturgia battesimale
  4. la Liturgia eucaristica
Sembra abbastanza evidente che i quattro elementi della cosmologia antica, fuoco, aria, acqua e terra, sono l'ordito dei quattro movimenti che scandiscono la sinfonia di questa notte santa. Così tutto il creato glorifica Dio perché ha risuscitato Gesù, la morte è vinta, il peccato del mondo è perdonato, tutte le creature del cielo, della terra e degli inferi cantano ed esultano di gioia perché il Figlio prediletto che era morto è vivo e lo è per sempre: "Dio lo ha risuscitato" (At 2,24.32; 3,15; 4,10; 10,40; 13,30.34.37; Rom 10,9).

Altdorfer Albrecth, 1516

Il fatto storico della resurrezione di Gesù Cristo è il fondamento della fede sul quale poggia tutto il cristianesimo e tutta la Chiesa, è la pietra angolare posta da Dio Padre a reggere l'intero universo, a dare stabilità e saldezza alla fede divina di Simon Pietro, è il fuoco che arde nel cuore di Dio fin dalla fondazione del mondo ed ora divampa nel cuore delle notte santa fuori dalla chiesa, nello spazio profano antistante la porta d'ingresso, nel giardino appena fuori della città dove l'avevano sepolto. Il fuoco nuovo che è acceso nella notte è il primo segno sacramentale dell'amore, della passione di Dio per gli uomini: "le sue vampe sono vampe di fuoco, fiamma divina!" (Ct 8,6). Quando di notte un fuoco è acceso, spontaneamente ci si raccoglie attorno, animati dalla stessa curiosità di Mosé quando vide il roveto ardente: "Voglio avvicinarmi per osservare questo grande spettacolo: perchè il roveto non brucia?" (Es 3,3) e la maestosa rivelazione del Nome di Dio fu su di lui, non prima di averlo chiamato dal roveto per ordinargli di restare a piedi nudi: "perchè il luogo sul quale tu stai è suolo santo!" (Es 3,5). La penitenza quaresimale ci ha insegnato a toglierci i sandali dai piedi, come ancora si deve fare per entrare in una moschea! Non solo per il sommo rispetto che dobbiamo al luogo santo in cui siamo quando preghiamo, al cospetto di Dio, ma anche perché il Signore e Maestro Gesù ci possa lavare i piedi ed esser da lui purificati (Gv 13,4-10). Al Fuoco nuovo e benedetto è acceso il Cero pasquale che rappresenta il Cristo risorto e poi si svolge il rito cosmogonico cristiano: la chiesa vuota e buia, come vuota e buia era la terra in principio, quando Dio pronunciò in quel primordiale silenzio tenebroso la sua prima parola: ""Sia la luce!". E la luce fu" (Gen 1,3) che squarciò le tenebre ed i silenzi che l'avvolgono, rivelando il Figlio, rivelato dal Figlio. E dietro al Cristo di Dio Luce del mondo, ecco i figli della luce che pian piano riempiono la chiesa e gettano fuori le tenebre del peccato dalla propria vita e dalla chiesa, riempiendole di luce, lasciandole riempire dalla "Luce di Cristo", triplice grido con cui il Servo del Signore, rappresentato dal diacono che reca il Cero pasquale, ha vinto "le tenebre del peccato con lo splendore della colonna di fuoco" (Preconio). Questo è infatti il significato sacramentale del Cero pasquale, raffigurare la colonna di fuoco che guidò i nostri padri nella fede nell'esodo, per loro dall'Egitto, per noi dal peccato.

Bassano Francesco, 1584-88

 Nella chiesa tutta illuminata dalla Luce di Cristo risorto, ora risuona la voce delle Scritture, secondo le quali egli è risorto dai morti (cfr. 1Cor 15,3). La resurrezione di Gesù è il senso ed il fondamento di ogni proclamazione della Parola di Dio nella Liturgia: tutto ciò che è celebrato dalla Chiesa ha il suo fondamento storico-salvifico nella divina Resurrezione di Gesù nostro Signore. Perciò la Chiesa nostra madre proclama in questa notte santa nove letture, per spiegare ai fedeli che la fede in Gesù Cristo morto e risorto, non è una pia illusione, ma è fenomeno accaduto conformemente alla divina volontà, ovvero "secondo le Scritture" che spiegano la resurrezione di Gesù, come Lui risorto spiega le Scritture.
Così la prima lettura (Gen 1,1-2,4) mostra il Verbo creatore che diventa ricreatore del mondo grazie alla resurrezione di Gesù, con la quale riempie il cielo, la terra e gli inferi della sua Luce vivificante.
La seconda lettura (Gen 22,1-18) getta uno sguardo furtivo sul mistero abissale di Dio Padre che non risparmiò suo Figlio per noi, ma lo diede al mondo una prima volta nella creazione, una seconda volta nell'incarnazione, è una terza volta con la resurrezione.
La terza lettura (Es 14,15-15,1) racconta la natura comunitaria della salvezza, dentro il Popolo di Dio si è immersi nell'oceano della Grazia divina, la liberazione dal peccato.
La quarta lettura (Is 54,5-14) descrive la natura universale della salvezza, perché l'amore del Redentore è immenso e perenne, riguarda tutti e per sempre.
La quinta lettura (Is 55,1-11) sollecita la libertà umana ad accogliere la salvezza gratuita e a cercarla senza sosta, perchè i pensieri e le vie del Signore misericordioso sono diversi dai nostri.
La sesta lettura (Bar 3,9-15.32-4,4) annuncia che la via della sapienza è stata rivelata a Israele, è la legge che sussiste in eterno.
La settima lettura (Ez 36,16-28) contiene la promessa del rinnovamento interiore del popolo di Dio mediante il trapianto cardiaco che renderà fattibile l'obbedienza filiale.
L'epistola (Rom 6,3-11) illustra l'opera salvifica del battesimo che ci unisce al destino di Cristo Gesù.
Il Vangelo (Mt 28,1-10) colloca la visita delle donne alla tomba in un contesto teofanico, l'Angelo del terremoto con gesti e parole proclama l'evento della resurrezione e prepara all'incontro con il Risorto.

Rubens Pieter, 1616
   L'abbondante annuncio della Parola di Dio ravviva la memoria assopita dei credenti, riscalda i cuori freddi e tristi con le focose parole d'amore di Dio a noi e introduce tutto il popolo di Dio all'opera di rigenerazione interiore che culmina nella liturgia battesimale. I catecumeni oggi diventano pienamente cristiani, immersi dalla Chiesa nel crogiuolo dell'amore Trinitario, mentre coloro che sono già cristiani confermano l'adesione a Cristo morto e risorto. In questo processo cosmo-antropogenetico tutta la Comunione dei Santi è coinvolta, l'opera spirituale della cristificazione dell'uomo e del cosmo, infatti, conta più sulla preghiera dei Santi che sui nostri miseri sforzi.Infine, dopo aver rigenerato tutto il popolo di Dio nel nucleo originario della fede, il popolo sacerdotale consuma le nozze mistiche, unendosi all'Agnello immolato, al Cristo morto e risorto che con la sua morte e resurrezione ha istituito e consacrato il santissimo sacramento dell'Eucaristia, farmaco d'immortalità, banchetto del Regno, festa di nozze.