martedì 30 agosto 2011

Clerocentrismo malattia della Chiesa

Ho letto e riletto la Lettera che il mio vescovo, mons. Luciano Monari, ha scritto per spiegare le motivazioni e gli obiettivi del prossimo Sinodo sulle Unità Pastorali. Nella premessa iniziale descrive con rapide pennellate la situazione strutturale della pastorale odierna: "La Chiesa locale è articolata in parrocchie e ciascuna parrocchia è assegnata a un parroco che ne è pastore proprio e ne ha quindi piena responsabilità. Naturalemente possono darsi delle collaborazioni [...] ma la relazione parrocchia-parroco rimane assoluta ed esclusiva: nella parrocchia il parroco è tutto, fuori della parrocchia è niente".

Questa descrizione è veritiera e nella frase che ho evidenziato sta uno dei problemi fondamentali della Chiesa, o come scrisse il Rosmini, una delle piaghe del Corpo ecclesiale di Gesù Cristo: il clericalismo o clerocentrismo.
Infatti, il centro della santa Chiesa non è altri che Gesù Cristo e nessuno può scalzare questa Pietra posta a fondamento eterno da Dio Padre, il Quale paradossalmente s'è servito del rifiuto dei costruttori  per edificare la Casa di Dio e così mostrare che è solo sua: "La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo. Questo èstato fatto dal Signore" (Sal 118,22-23). Ma questo dato teologico immutabile deve essere accolto ogni giorno dagli uomini che si è scelti, i quali invero hanno una volontà assai instabile.

Il clericalismo è una degenerazione che colpisce non solo il clero, ma anche tanti bravi laici impegnati, mentre il clerocentrismo, con il suo pesante fardello di responsabilità legate al potere, è quella variante del clericalismo che colpisce il clero.
Non è bene che il parroco nella sua parrocchia sia tutto e fuori sia niente. Questo duplice ed opposto eccesso è insano. Nessuno sano di mente può e vuole essere il tutto. Il marito o la moglie, non sono il tutto nella famiglia e nella coppia, sono ciascuno una parte correlata all'altra, ed insieme lo sono verso i figli.
Questo equilibrio umano si fonda sul primo comandamento, sul rifiuto degli idoli e sulla lotta costante contro il rischio perenne dell'idolatria. Nessuna creatura, nemmeno la più perfetta come la Beata Vergine Maria, è il tutto, tanto meno lo possono essere dei poveri uomini maschi e celibi come i parroci!
Solo Dio è il tutto, l'alfa e l'omega, l'Uno e Unico Signore: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile: non avrai altri dèi di fronte a me" (Es 20,2-3)
Conseguenza dell'unicità di Dio e della sua Signoria è che ciascuna creatura è solo una parte e nessuna creatura può diventare il tutto.
Il parroco, allora, non deve più essere il tutto nella sua parrocchia e niente fuori, ma può essere il ministro di Dio sia nella parrocchia che al di fuori.

Passando dalle parrocchie alle unità pastorali non credo che questo grave problema del clerocentrismo trovi soluzione, viene solo trasferito da una struttura pastorale vecchia di secoli ad una nuova struttura, forse più adatta ai cambiamenti sociali, sicuramente alla moda.Che non abbia ragione Tomasi di Lampedusa quando nel Gattopardo scrive: "Tutto cambia affinchè nulla cambi"?

domenica 28 agosto 2011

Il principe e il pescatore




Bel libro e bella scrittura.
L'autrice narra con pathos molto coinvolgente (mi sono più volte commosso), a cavallo tra il thriller e il resoconto storico, come siano avvinte inestricabilmente le vicende elencate dal sottotitolo: "Pio XII, il nazismo e la tomba di san Pietro in Vaticano".
Ulteriore conferma che il servo di Dio Eugenio Pacelli - papa Pio XII è un santo, ed il silenzio che egli osservò sulla shoah gli permise di promuovere la salvezza di migliaia di ebrei.
Il grande vescovo di Antiochia, Ignazio che fu martirizzato a Roma, implorò i cristiani romani di non intercedere a suo favore per non privarlo della palma del martirio con queste parole, amate ed incomprese da certo cristianesimo minimalista: "E' meglio tacere ed essere che parlare e non essere", parole che molto bene descrivono la scelta compiuta da Pio XII, nascondere nel silenzio l'opera magna di salvare quanti più ebrei possibile, non tanto per l'umiltà che deve accompagnare ogni gesto di carità: "Non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra", ma come conditio sine qua non dell'opera di salvezza.
La qualità di un libro si vede anche dalla quantità di libri che invoglia a leggere e questo è un ottimo libro.

sabato 27 agosto 2011

Mistica della carne



Fenomenale.
Spero di leggerlo a mia moglie.

Dotta apologia del principio teologico oggi forse più in pericolo: "Caro cardo salutis".
 Carne fragile per la sua innata debolezza fisica e morale.
  Carne nuda naturalmente umile, carnalmente vicina a Dio.
   Carne ferita condannata a morire per l'unione all'anima orgogliosa e peccatrice.
    Carne sessuata intimamente protesa all'unione carnale a far godere lo spirito incarnato.
     Carne vivente che canta: Babbo!
Carne, il cardine della salvezza.

sabato 13 agosto 2011

La pasqua estiva: dalla Trasfigurazione all'Assunzione

Nel cuore dell'estate, quando nell'emisfero settentrionale il sole risplende in tutto il suo fulgore, festeggiamo a pochi giorni l'una dall'altra la Trasfigurazione del nostro Salvatore Gesù Cristo e l'Assunzione della di lui Madre, la sempre Vergine Maria. Più che la vicinanza temporale, ciò che unisce intimamente queste due gloriose feste estive è il loro contenuto: lo splendido destino della carne, destino stabilito da Dio che ha creato la carne umana non per la morte ma per la gloria della resurrezione.
Gloria della vita eterna che brillò per un breve momento nella carne mortale di Gesù mentre pregava sul Tabor in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni.
Gloria della vita eterna che assunse in corpo ed anima la beata e sempre vergine Maria quando la madre benedetta del Signore giunse al termine della sua esistenza terrena.
Gloria della vita eterna che aspettiamo con vivo desiderio per essere con il Signore per sempre, non solo nell'attuale interiorità delle anime nostre, bensì nell'esteriorità futura dei nostri corpi gloriosi.

Trasfigurazione, 2003
Per edificare la preghiera estiva sul fondamento stabile della speranza è utile pregare davanti alla santa Immagine della divina Trasfigurazione di Gesù Cristo, affinché tutti i nostri sensi siano illuminati dalla Luce che brilla nella sua carne, affinché la nostra mente venga istruita dalla Rivelazione della Scritture profetiche che come lampada brillano in luogo oscuro, affinché i nostri cuori troppo deboli per riconoscere il Signore risorto ascoltino in silenzio adorante la tonante voce di Dio: "Questi è il Figlio mio, l'amato, in lui ho posto il mio compiacimento, ascoltatelo" (Mt 17,5). Non limitiamo la contemplazione della Trasfigurazione ai meravigliosi nove giorni in cui assaggiamo gli antipasti del banchetto eterno, grazie alla compagnia di Gesù trasfigurato e di Maria assunta in cielo,  ma estendiamo tale gioia degli occhi, della mente e del cuore ai giorni che intercorrono tra la festa di sant'Elia (20 luglio) e la festa di san Mosè (4 settembre), i due profeti della prima alleanza che appaiono sul Tabor accanto a Gesù nella sua gloria per testimoniare che egli è il Messia promesso da Dio.
Il Mistero "avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le Scritture dei profeti" (Rom 16,25-26) viene svelato dalla divina testimonianza resa dal Padre al Figlio amato, quando ordinò: "Ascoltatelo!" (Mc 9,7). Obbedendo alla voce del Padre, focalizziamo l'attenzione sul Cristo trasfigurato: "il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt 17,2). Nella trasfigurazione la Luce increata che "è nel seno del Padre e lo ha rivelato" (Gv 1,18) emerge dalle divine profondità del suo essere Figlio e trasfigura la carne, facendola risplendere della Gloria che arde nel roveto ardente della divinoumanità. Il volto solare e le vesti lucenti esprimono nel solido palpitante silenzio della carne umana il fine della sua divina incarnazione: "il Verbo si fece carne" (Gv 1,14) affinché la carne del Verbo ricevesse nelle sue radici cellulari e materiche la Vita di Dio, affinché la carne di Gesù Cristo potesse ardere della Luce primigenia. La sua carne di luce è la nostra carne per identità di natura essendo nato da donna, la Vergine Maria; è la nostra carne per identità di destino poichè per noi peccatori è morto e risorto per darci la sua vita immortale.

Assunzione, Duccio di Buoninsegna (1287-90), Vetrata del Duomo di Siena

L'assunzione di Maria santissima, non è un privilegio esclusivo di colei che generando il Verbo della Vita gli donò la carne e il sangue, ma è inclusiva dell'umanità, indicativo del nostro destino. Maria assunta è la prima creatura ad esser entrata nel Regno di Dio integralmente, corpo ed anima, la prima a vivere nella patria celeste, nel grembo della Trinità. La sua assunzione ci garantisce che il destino eterno di noi povere creature peccatrice è nel Creatore che è altresì Salvatore e Vivificatore. Come afferma l'apostolo Paolo nella seconda lettura della solennità dell'assunta: "Cristo è [...] la primizia di coloro che sono morti" (1Cor 15,20), il primo uomo a risorgere dai morti per la vita eterna; ma Cristo non è solo un uomo, è anche Dio, non è solo la prima creatura ad entrare nella vita eterna, è anche Figlio di Dio e Salvatore, sorgente eterna della vita. Maria santissima, invece, è solo una creatura, la prima creatura ad aver parte carnalmente alla resurrezione del Figlio: "in Cristo tutti riceveranno la vita" (1Cor 15,22). Come la donna fu tratta dal costato dell'uomo (Gen 2,21-22), così Maria è tratta dal costato di Cristo; e come Eva, ignorando il comando divino, diede inizio al peccato, così in Maria ebbe inizio la salvezza, senza meriti propri ma per i meriti futuri di Cristo: "Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo" (1Cor 15,23) e con Cristo primizia anche la madre è primizia e come canta Dante: "figlia del tuo figlio" (Paradiso XXXIII,1), noi, invece, aspettando la venuta di Cristo speriamo di essere tra quelli che sono di Cristo perchè la sua resurrezione sperimentata dall'anime nostre in vita si estenda ai nostri corpi mortali dopo la morte, affinché come dice l'apostolo: "è necessario che questo corpo corruttibile si vesta d'incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d'immortalità" (1Cor 15,53).

Michelangelo, Giudizio Universale