domenica 5 novembre 2017

Pubblico la lettera aperta di padre Thomas G. Weinandy, O.F.M. Cap. al santo padre perché ne condivido il contenuto e la forma.
Padre Weinandy è un stimato teologo cappuccino statunitense, nominato membro della Commissione Teologica Internazionale da papa Francesco nel 2014.
Vive a Washington DC, nella Mother of God Community, una comunità carismatica cattolica ed ecumenica.


Ha scritto la lettera al papa, dopo aver chiesto e ricevuto un segno dal Signore, come egli stesso racconta nella nota seguente:

Last May I was in Rome for an International Theological Commission meeting.  I was staying at Domus Sanctae Marthae, and since I arrived early, I spent most of the Sunday afternoon prior to the meeting on Monday in Saint Peter’s praying in the Eucharistic Chapel.  I was praying about the present state of the Church and the anxieties I had about the present Pontificate.  I was beseeching Jesus and Mary, St. Peter and all of the saintly popes who are buried there to do something to rectify the confusion and turmoil within the Church today, a chaos and an uncertainty that I felt Pope Francis had himself caused.  I was also pondering whether or not I should write and publish something expressing my concerns and anxiety.  On the following Wednesday afternoon, at the conclusion of my meeting, I went again to St. Peter’s and prayed in the same manner.  That night I could not get to sleep, which is very unusual for me.  It was due to all that was on my mind pertaining to the Church and Pope Francis.  At 1:15 AM I got up and went outside for short time.  When I went back to my room, I said to the Lord: “If you want me to write something, you have to give me a clear sign.  This is what the sign must be.  Tomorrow morning I am going to Saint Mary Major’s to pray and then I am going to Saint John Lateran.  After that I am coming back to Saint Peter’s to have lunch with a seminary friend of mine.  During that interval, I must meet someone that I know but have not seen in a very long time and would never expect to see in Rome at this time.  That person cannot be from the United States, Canada or Great Britain.  Moreover, that person has to say to me in the course of our conversation, ‘Keep up the good writing’.”
The next morning I did all of the above and by the time I met my seminarian friend for lunch what I had asked the Lord the following night was no longer in the forefront of my mind.  However, towards the end of the meal an archbishop appeared between two parked cars right in front of our table (we were sitting outside).  I had not seen him for over twenty years, long before he became an archbishop.  We recognized one another immediately.  What made his appearance even more unusual was that, because of his recent personal circumstances, I would never have expected to see him in Rome or anywhere else, other than in his own archdiocese.  (He was from none of the above mentioned countries.)  We spoke about his coming to Rome and caught up on what we were doing.  I then introduced him to my seminarian friend.  He said to my friend that we had met a long time ago and that he had, at that time, just finished reading my book on the immutability of God and the Incarnation.  He told my friend that it was an excellent book, that it helped him sort out the issue, and that my friend should read the book.  Then he turned to me and said: “Keep up the good writing.”
I could hardly believe that this just happened in a matter of a few minutes.  But there was no longer any doubt in my mind that Jesus wanted me to write something.  I also think it significant that it was an Archbishop that Jesus used.  I considered it an apostolic mandate.  So giving it considerable thought and after writing many drafts, I decided to write Pope Francis directly about my concerns.  However, I always intended to make it public since I felt many of my concerns were the same concerns that others had, especially among the laity, and so I publicly wanted to give voice to their concerns as well.


Questo è il testo della lettera aperta.

Santità,
            scrivo questa lettera con amore per la Chiesa e rispetto sincero per il suo ufficio. Lei è il Vicario di Cristo sulla terra, il pastore del suo gregge, il successore di san Pietro e quindi la roccia su cui Cristo costruisce la sua Chiesa. Tutti i cattolici, clero e laicato assieme, devono guardare a lei con fedeltà e obbedienza filiali, fondate sulla verità. La Chiesa si rivolge a lei in uno spirito di fede, con la speranza che lei la guiderà nell'amore.
   Tuttavia, Santità, una confusione cronica sembra contrassegnare il suo pontificato. La luce della fede, della speranza e dell'amore non è assente, ma troppo spesso è oscurata dall'ambiguità delle sue parole e azioni. Ciò alimenta nei fedeli un crescente disagio. Indebolisce la loro capacità di amore, di gioia e di pace. Mi consenta di offrire alcuni brevi esempi.
   In primo luogo c'è il controverso capitolo 8 di "Amoris laetitia". Non c’è bisogno qui di dire le mie personali preoccupazioni riguardo al suo contenuto. Altri, non solo teologi ma anche cardinali e vescovi, lo hanno già fatto. La fonte principale di preoccupazione è il modo con cui lei insegna. In "Amoris laetitia", le sue indicazioni a volte sembrano intenzionalmente ambigue, e in questo modo indirizzano sia a un'interpretazione tradizionale dell'insegnamento cattolico sul matrimonio e il divorzio, sia a un’altra interpretazione che potrebbe implicare un cambiamento in quell'insegnamento. Come lei nota giustamente, i pastori dovrebbero accompagnare e incoraggiare le persone in situazioni matrimoniali irregolari; ma l'ambiguità persiste sul vero significato di questo "accompagnamento". Insegnare con una tale mancanza di chiarezza, per di più apparentemente voluta, inevitabilmente conduce al pericolo di peccare contro lo Spirito Santo, lo Spirito della verità. Lo Spirito Santo è dato alla Chiesa, e in particolare a lei, per sconfiggere l'errore, non per favorirlo. Inoltre, solo dove c'è verità può esserci amore autentico, perché la verità è la luce che rende liberi uomini e donne dalla cecità del peccato, un'oscurità che uccide la vita dell'anima. Eppure sembra che lei censuri e persino derida coloro che interpretano il capitolo 8 di "Amoris laetitia" in accordo con la tradizione della Chiesa, come se fossero dei farisei che tirano le pietre e incarnano un rigorismo privo di misericordia. Questo tipo di calunnia è alieno dalla natura del ministero petrino. Alcuni dei suoi consiglieri, purtroppo, sembrano impegnarsi in azioni del genere. Tale comportamento dà l'impressione che i suoi punti di vista non possano sopravvivere a delle verifiche teologiche, e quindi debbano essere tenuti in piedi da argomenti "ad hominem".
   In secondo luogo, troppo spesso la sua maniera d'agire sembra declassare l'importanza della dottrina della Chiesa. Ripetutamente lei descrive la dottrina come una cosa morta e libresca, lontana dalle preoccupazioni pastorali della vita quotidiana. I suoi critici sono stati accusati, stando alle sue stesse parole, di fare della dottrina un'ideologia. Ma è precisamente la dottrina cristiana – comprese le distinzioni sottili fatte a riguardo di credenze centrali come la natura trinitaria di Dio, la natura e le finalità della Chiesa, l'incarnazione, la redenzione, i sacramenti – che libera le persone dalle ideologie mondane e garantisce che effettivamente predichino e insegnino l'autentico e vivificante Vangelo. Coloro che svalutano le dottrine della Chiesa si separano da Gesù, autore della verità. Ciò che essi possiedono, e solo questo possono possedere, è un'ideologia che si conforma al mondo del peccato e della morte.
   In terzo luogo, i fedeli cattolici possono essere solo sconcertati dalle sue nomine di certi vescovi, uomini che non solo appaiono aperti verso quanti hanno una visione contrapposta alla fede cristiana, ma addirittura li sostengono e difendono. Ciò che scandalizza i credenti, e anche alcuni colleghi vescovi, non è solo il fatto che lei ha scelto tali uomini per essere pastori della Chiesa, ma anche che lei sembra stare in silenzio di fronte a ciò che insegnano e alla loro pratica pastorale. Questo indebolisce lo zelo dei molti uomini e donne che hanno sostenuto l’insegnamento cattolico autentico per lunghi periodi di tempo, spesso a rischio della loro reputazione e serenità. Il risultato è che molti dei fedeli, che incarnano il "sensus fidelium", stanno perdendo fiducia nel loro supremo pastore.
   Quarto, la Chiesa è un corpo unico, il Corpo mistico di Cristo, e lei ha il mandato dal Signore stesso per promuovere e rafforzare la sua unità. Ma le sue azioni e parole troppo spesso sembrano intente a fare il contrario. Incoraggiare una forma di "sinodalità" che permette e promuove diverse opzioni dottrinali e morali all'interno della Chiesa può solo portare a una maggior confusione teologica e pastorale. Una tale sinodalità è insipiente e di fatto agisce contro l'unità collegiale tra i vescovi.
   Padre Santo, questo mi porta alla mia preoccupazione finale. Lei ha parlato spesso della necessità della trasparenza all'interno della Chiesa. Lei ha incoraggiato spesso, soprattutto durante i due sinodi passati, tutte le persone, specialmente i vescovi, a parlare francamente e a non aver paura di ciò che il papa potrebbe pensare. Ma lei ha notato che la maggioranza dei vescovi di ​​tutto il mondo stanno fin troppo in silenzio? Perché è così? I vescovi imparano alla svelta, e ciò che molti di loro hanno imparato dal suo pontificato non è che lei è aperto alla critica, ma che lei non la sopporta. Molti vescovi stanno in silenzio perché desiderano essere leali con lei, e quindi non esprimono – almeno in pubblico; in privato è un’altra cosa – le preoccupazioni che il suo pontificato alimenta. Molti temono che se parlassero con franchezza sarebbero emarginati o peggio.
   Mi sono spesso chiesto: "Perché Gesù ha lasciato che tutto questo accada?" L'unica risposta che mi viene in mente è che Gesù vuole manifestare proprio quanto debole sia la fede di molti all'interno della Chiesa, anche fra troppi dei suoi vescovi. Ironia della sorte, il suo pontificato ha dato a coloro che sostengono punti di vista teologici e pastorali rovinosi la licenza e la sicurezza di uscire in piena luce e di esibire la loro oscurità precedentemente nascosta. Nel riconoscere questa oscurità, la Chiesa umilmente sentirà il bisogno di rinnovare se stessa e così continuare a crescere in santità.
   Padre Santo, prego per lei costantemente e continuerò a farlo. Che lo Spirito Santo la guidi alla luce della verità e alla vita dell'amore, così che lei possa rimuovere l'oscurità che ora nasconde la bellezza della Chiesa di Gesù.
   Sinceramente in Cristo,
Thomas G. Weinandy, O.F.M., Cap.

31 luglio 2017, Festa di S. Ignazio di Loyola

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