domenica 1 giugno 2014

Delle cose buone da chiedere. VII A

Marc Chagall, Candele dello Shabbat (1909)
A proposito del Sabato bisogna affrontare un paio di questioni preliminari.
La prima questione riguarda la mistica corrispondenza tra lo Shabbat, il Tempio e l'Uomo. Tre azioni sono compiute da Dio il settimo giorno: "Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando" (Gen 2,3); tre sono gli ambienti in cui Salomone suddivise il Primo Tempio: 'ulam (Vestibolo), Hechal (Luogo Santo) e Debir (Luogo Santissimo); tre sono le relazioni con cui Dio forma la persona umana, come è scritto: "Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (1Tess 5,23), lo spirito esprime la relazione con Dio, l'anima la relazione con se stessi, il corpo la realzione con il mondo.
'ulam era il Vestibolo, luogo dove i sacerdoti compivano il cambio d'abito, spogliandosi dei vestiti ordinari per indossare gli abiti sacri. La vestizione è indispensabile rito preparatorio al culto, esso manifesta sul piano empirico ed esterno ciò che deve accadere sul piano interno ed invisibile, ovvero la deposizione di tutto ciò che è superfluo e la rinuncia ai pensieri malvagi, per indossare ciò che è eterno e plasmare la propria mente con il pensiero di Dio. Ad esso corrisponde il riposo, con il quale ci si spoglia delle azioni feriali per potersi dedicare interamente all'opus Dei. 'ulam e riposo corrispondono al corpo, elemento umano che riflette sul piano empirico il piano metafisico e ci accomuna alle creature materiali.
Hechal era il Luogo Santo dove si trovavano l'Altare d'oro dei profumi, la Tavola dei Pani dell'offerta e la Menorah. Il Candelabro a sette braccia illuminava il Santo con le sue sette lampade, esse rappresentano la Luce divina che illumina ogni giorno della settimana. Davanti all'ingresso del Debir c'era la Tavola sulla quale stavano dodici pani, rinnovati settimanalmente, a rappresentare le dodici tribù d'Israele sempre alla presenza del Signore. Infine l'Altare aureo dei profumi, sul quale i sacerdoti offrivano mattina e sera l'incenso a Dio, segno delle preghiere d'Israele. All'Hechal corrisponde l'azione di consacrare il mondo al Creatore. La sua Parola che in principio creò il mondo, sempre lo illumina (Menorah) come è scritto: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 119[118],105) rendendo intelleggibile il mondo alle creature intelligenti, delle quali desidera la compagnia (Tavola dei pani) e le preghiere (Altare dei profumi). Hechal e consacrazione corrispondono all'anima, elemento umano invisibile che ci accomuna alle creature invisibili, razionali e libere.
Debir era il Luogo Santissimo che custodiva l'Arca dell'Alleanza, coperta dal Kapporet (Propiziatorio), sul quale dimorava la Gloria del Signore. Nel Santo dei Santi entrava una volta all'anno il Sommo Sacerdote per compiere i riti espiatori, aspergere il Propiziatorio con il sangue del capro e invocare il Nome di Dio; cioè per espiare i peccati che impediscono agli umani di avere libero accesso a Dio tre volte Santo. Al Debir corrisponde l'azione di benedire, azione divino-umana per eccellenza. Debir e benedizione corrispondo allo spirito, radice metafisica dell'uomo meglio chiamata col nome di cuore, come è scritto: "Dio è roccia del mio cuore" (Sal 73[72],26) e la sua parola: "penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito ... e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore" (Eb 4,12).

Marc Chagall, Sinagoga (1917)

 La seconda questione preliminare riguarda il rapporto di Gesù con il Sabato. Gesù osservò il comandamento del Sabato e lo portò a compimento. In quanto uomo, figlio d'Israele e discendente di Davide lo osservò fedelmente, frequentando con assiduità il culto sinagogale (Mt 12,9-10) a Cafarnao (Mc 1,21; Gv 6,59) e a Nazaret (Lc 4,16). In quanto Figlio di Dio, vero Dio e Signore, Gesù non si limitò ad osservare la Legge, ma anche la portò a compimento, prediligendo il giorno di Sabato per insegnare (Mt 12,1s; Mc 1,21; Lc 4,31; 13,10; Gv 5; 9), dato che nel riposo e nel culto sabbatici, Dio stesso ammaestra il suo popolo. Inoltre, gli insegnamenti sabbatici di Gesù dati con autorità, la stessa di Dio, furono accompagnati da miracoli e segni: le guarigioni dell’uomo dalla mano inaridita (Mt 12,10-12), della suocera febbricitante di Simone (Mc 1, 30-31), della donna curva da diciotto anni (Lc 13,11-13), dell’idropico (Lc 14,1-4), del paralitico da trentotto anni (Gv 5,5-9), del cieco nato (Gv 9,6-7) e l’esorcismo nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,25-26). Questi sette miracoli furono compiuti da Gesù nel giorno benedetto del Sabato non casualmente, ma intenzionalmente quale segno che conferma l'insegnamento sabbatico di Gesù: parole ed opere che rivelano il mistero messianico di Gesù.
C’è chi giudica il comportamento di Gesù verso il Sabato una palese violazione del comandamento divino. Se il giudice è ebreo ne trae motivo per condannarlo come peccatore (Mc 3,2; Lc 13,14; Gv 5,18; 9,16), se invece è cristiano esalta il rifiuto e la ribellione contro la Legge di Mosè (sic!) come se il Figlio obbediente fino alla morte di Croce potesse e volesse ribellarsi all’unica volontà di Dio suo Padre! Io trovo che il comportamento di Gesù verso il Sabato non sia stata una violazione del terzo Comandamento ma il suo inveramento, secondo il principio formulato da Gesù stesso: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti, non sono venuto per abolire ma per dare compimento” (Mt 5,17).
Gesù iniziò a compiere il Sabato con la sua predicazione e coi segni che l’accompagnarono, fino a compiere escatologicamente il Sabato come Disceso agli inferi: dopo la sua morte redentrice in Croce, il suo cadavere fu sepolto nel sepolcro nuovo di Giuseppe d'Arimatea e la sua anima discese agli inferi preda della Morte, del Peccato e del Diavolo. Il Dio-Uomo non è più un soggetto attivo, è un morto tra i morti, reso oggetto della solitudine estrema “senza Dio e senza speranza” (Ef 2,12), preda del male e della passività. Compie così perfettamente il riposo di Dio e simultaneamente adempie al comandamento di Dio.
Tale passività del Figlio nella morte non è soltanto solidarietà coi morti, è anche offerta libera e integrale obbedienza al Padre, cose fatte da Gesù nel'ultima cena e nell'orto degli ulivi, quando donò se stesso per la salvezza del mondo con libera adesione alla volontà di Dio. Tale atto di offerta, che costituisce la sua morte in Croce come unico e definitivo sacrificio, lo costituisce e rivela come sommo Sacerdote che offre a Dio niente altro se non se stesso e così trasforma alla radice il suo prossimo essere preda della morte, in atto d'offerta libero che libera ogni peccatore dalla schiavitù del peccato e della morte. compiendo il senso del Sabato.

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