domenica 24 luglio 2011

Anch'io insisto: la Chiesa ritorni a Dio

Il 21 giugno Sandro Magister ha pubblicato sul suo sito Chiesa.it l'ennesima puntata di un avvincente dibattito dedicato a vari aspetti dell'ermeneutica del Concilio Vaticano II: si tratta di un lungo articolo composto dall'intervento del prof. Enrico Morini "Continuità e rottura: i due volti del Concilio Vaticano II" e dai commenti di Francesco Arzillo, di padre Giovanni Cavalcoli e di Martin Rhonheimer. Il 15 luglio Enrico Morini risponde ai suoi tre critici con un articolo pubblicato sul blog di Sandro Magister Settimo Cielo.
La tesi del Morini è composta di due elementi distinti:
  1. continuità e rottura sono due chiavi ermeneutiche complementari, non alternative, entrambe necessarie
  2. lo scisma tra Roma e Costantinopoli è la rottura da sanare, recuperando quella "continuità con la tradizione del primo millennio" che è stata l'intenzione messa in opera da Giovanni XXIII e dalla maggioranza dei padri conciliari nel Concilio Vaticano II e che ha raggiunto il suo acme il 7 dicembre 1965 con la revoca delle scomuniche del 1054
Il primo è un principio generale che condivido integralmente, come ho scritto nel post del 10 luglio, il secondo elemento è la sua applicazione ad un episodio storico concreto qual è il Concilio Vaticano II, applicazione che non condivido. Anch'io sono perplesso e dubbioso, come Francesco Arzillo, di tale ipotesi ermeneutica del Vaticano II. Francamente mi pare indebito e sbagliato applicare una tesi preconfezionata all'interpretazione di un fatto storico; ciò determina una comprensione riduttivistica del fatto storico in esame, nello specifico del Vaticano II. Cosa è successo in Occidente, a cavallo tra primo e secondo millennio, che ha intorbidato pur non avendo interrotto il flusso vitale della Tradizione?

Quale esempio della necessità attuale di un ritorno alla "teoria e alla prassi ecclesiale del primo millennio" Morini cita la successione sulla cattedra di sant'Ambrogio di cui non condivide il metodo. Cosa non condivide del metodo con cui Benedetto XVI ha nominato il card. Scola: l'ampia consultazione dell'episcopato lombardo ed italiano e del laicato ambrosiano? la discussione in sede di Congregazione dei Vescovi? il potere di nomina che sta in capo al papa? la possibilità di spostare un vescovo da una sede episcopale all'altra?

Reputo che la Chiesa Cattolica debba ritornare, ma non ad una qualsiasi epoca del suo passato, bensì a Dio.
Ciò facendo, riscoprendo cioè la natura lunare della sua identità, di cui hanno scritto il card. de Lubac e Hugo Rahner ed è affermata nell'incipit della Costituzione dogmatica sulla Chiesa: "Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa" (LG 1). Il volto della Chiesa risplende, non della propria luce come Lucifero, ma della luce del Cristo, Sole di giustizia che nel volto amato della sua fidanzata, la Chiesa, si riflette illuminando tutti gli uomini. Perciò è urgente ed essenziale recuperare l'orientamento della preghiera, di ogni preghiera, dalla preghiera comunitaria alla personale, dalla preghiera liturgica alla devozionale.


Ancora due appunti alla risposta del Morini, laddove afferma che il palamitismo "è dottrina ufficiale della Chiesa ortodossa". Mi pare inesatto, poichè l'ottavo Concilio Costantinopolitano (1341, 1347, 1351) si è limitato a condannare come eretiche le tesi teologiche di Barlaam il calabro e Acindino e viceversa a confermare dogmaticamente la tesi teologica sviluppata da Gregorio Palamas in difesa degli esicasti. Tale conferma dell'ortodossia di tale teologia non equivale a farne dottrina ufficiale. 
Infine mi pare riduttivo, o quanto meno generico, descrivere l'apporto fondamentale del Palamas alla teologia cristiana nei termini proposti dal Morini: "è essenziale per la deificazione dell'uomo conoscere Dio", poiché egli difese il primato della mistica nella vita cristiana, ovvero che l'esperienza di Dio è possibile già ora, l'uomo può vedere la Luce deificante di Dio, come i tre discepoli sul Tabor, esperienza reale che coinvolge tutto l'uomo; a tale esperienza mistica Palamas diede giustificazione teologica distinguendo in Dio l'Essenza inconoscibile e le Energie conoscibili dalla mente e percepibile dal corpo.



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