mercoledì 13 luglio 2011

Cercate il mio volto

Recentemente padre Matias Augé sul suo blog liturgia opus trinitatis ha affrontato più volte il tema capitale dell'orientamento, sia in prima persona sia in dialogo con Andrea Grillo e provocando abbondanti commenti non sempre pacati.

Perché limitare alla celebrazione eucaristica e al suo interno alla preghiera eucaristica la questione dell'orientamento? Tale limitazione crea un confine innaturale tra la preghiera e la Preghiera somma dell'Eucaristia, confine che non esprime una distinzione chiarificatrice bensì una mortifera separazione. L'orientamento è un tema capitale della preghiera, di ogni preghiera. Tema capitale perché grazie ad esso si discerne il termine ultimo della preghiera, non un nome qualunque, ma il Dio vivo e vero che si è rivelato e rivolto a noi nel Figlio suo. Limitare alla sola Eucaristia la questione dell'orientamento significa impostare male tale questione, imboccando una deriva ritualistica assai riduttiva, che inevitabilmente scatena il conflitto tra fautori della celebrazione "verso il popolo" e fautori del "verso Dio", come s'evince dai numerosi commenti. Significa separare artificiosamente e mortalmente la preghiera dalla preghiera delle preghiere, dall'eucaristia, condannando la preghiera alla sterilità e impedendo allo Spirito Santo di far crescere l'uomo, integrandolo nel cosmo e nella storia della salvezza.

Definire l'orientamento predominante della s. Messa dopo il Tridentino "verso l'abside" è una definizione perniciosa e malevole, fondata su di una premessa inficiata di parzialità. Questa premessa inficiata di parzialità, genera una ricerca orba e una deduzione monca, segnata dalla stessa parzialità della premessa. Sarebbe come definire l'orientamento predominante dopo il Vaticano II "verso la porta". Lo sciocco guarda il dito che indica la luna, mentre il saggio guarda prima il dito indicante e poi la luna indicata. Infatti, l'abside ospita due elementi liturgici verso i quali è rivolta la preghiera tridentina: il Tabernacolo e le sante Immagini, entrambi elementi esodici, nel senso che la preghiera fa tappa su di loro per andare altrove, alla ss. Eucaristia custodita nel Tabernacolo e al Prototipo celeste rappresentato nelle sante Immagini. Allo stesso modo anche p. Augé spiega in che senso l'altare e non il sacerdote sia il centro verso cui convergere nella celebrazione eucaristica, in quanto segno oggettivo di Cristo al quale l'altare consacrato rimanda.

Tutta questa attenzione circa l'orientamento del clero, se verso il popolo o verso l'abside, è segno ed epifania di clericalismo. Una malattia, quella del clericalismo, già diagnosticata dal Rosmini nel 1835 ma che dopo il Vaticano II non è certo migliorata, anzi, è una patologia che nel clero si è aggravata e per di più si è diffusa anche al laicato! Piaga, come la chiama Rosmini, alla quale non è estraneo, a mio avviso, aver collocato la sede del presidente dell'Assemblea liturgica di fronte alla stessa, esclusivamente vis a vis, fissando così in quell'unico aspetto della mediazione sacerdotale il clero, quello di rappresentare Dio per il Popolo Dio e oscurando l'altro essenziale aspetto ad esso complementare, quello di rappresentare il Popolo di Dio presso Dio.

Non c'è solo "la convenienza di pregare verso il Signore" come afferma p. Augé. La convenienza può essere maggiore o minore, mentre essere orientati al Signore è necessario per pregare; in verità, se non ci si rivolge al Signore Dio, ci si rivolge a qualcun'altro, ad uno dei tanti idoli che l'uomo costruisce infaticabilmente con le sue mani. Perciò è urgente, oggi come sempre, orientarsi correttamente quando si prega, per discernere se preghiamo Dio o io, se pregando andiamo oltre il nostro piccolo mondo per entrare nel mondo di Dio, se smettiamo di girare attorno al nostro ombelico per essere come Dio comanda, se cessiamo di vagabondare fuori di noi estranei a noi stessi per entrare finalmente nel talamo nuziale del nostro cuore. La questione di Dio è intimamente intrecciata con la questione della preghiera, e la questione della preghiera è intimamente intrecciata con la questione dell'orientamento: ortodossia innanzitutto significa retta glorificazione di Dio, ancor prima che professione della vera fede, è l'antico adagio lex orandi lex credendi.
Allora la questione essenziale è la seguente: dov'è Dio? Dove lo si può trovare? Dove abita?
P. Augé identifica correttamente tale questione, ma nel cercare di formulare una risposta confonde il Creatore e le creature. Certamente il prossimo è un sacramento di Dio, ma per l'appunto un sacramento, non Dio stesso. Amare non è sinonimo di pregare. Nel campo dell'amore l'apostolo Giovanni insegna che non si può amare Dio che non si vede, se non si ama il fratello che si vede (1Gv 4,20). Invece pregare indica in esclusiva la relazione con Dio. Relazione che ciascuno deve coltivare perché costitutiva della sua essenza di creatura. Quindi riconoscere Cristo negli ultimi (compresi gli aborti, persone mai nate seppur create), non esaurisce la missione della Chiesa e la vocazione di ogni uomo, una riduzione orizzontalistica insipida; è necessario alzare lo sguardo per ripetere l'invito: "Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto".

Nessun commento:

Posta un commento