martedì 19 luglio 2016

Riflessioni sulla BrExit

Scheda Referendum 23 giugno 2016
I fatti
Il 23 giugno nel Regno Unito si è svolto il Referendum consultivo sulla Brexit, neologismo dato dall’unione di due parole: BRitain + EXIT. La domanda posta agli elettori era: “Il Regno Unito dovrebbe restare un membro dell'Unione Europea o dovrebbe lasciare l'Unione Europea?” Le due risposte previste erano: “Remain” (= rimanere) o “Leave” (= lasciare).
Ha vinto il LEAVE 52 a 48.
Risultati Referendum 23 giugno 2016
Riflessioni sul Referendum
1.      Trovo giusto consultare i propri elettori su questi temi e soprattutto rispettarne la volontà quale che sia, ben sapendo che la ragione non sta solo da una parte, poiché entrambe le posizioni hanno ottime ragioni. I cittadini del Regno Unito son capaci di confrontarsi duramente tra avversari politici, pur restando vincolati dalla fedeltà al proprio Paese.
2.      Agli euroscettici che hanno l’onore di aver vinto, spetta ora onere di negoziare l’uscita dalla UE. Mentre agli europeisti sconfitti devono rimboccarsi le maniche per far vincere democraticamente la propria opinione per rientrare nella UE.
3.      Questo referendum è solo consultivo e giuridicamente non è vincolante, infatti, il verbo della domanda referendaria è condizionale: “dovrebbe…” e non l’indicativo “deve”. Certamente i politici britannici sanno rispettare e far rispettare la volontà dei propri popoli, anche interpretandola per difendere l’interesse del Regno Unito. Su questo si basa la fiducia che Inglesi, Gallesi, Scozzesi e Irlandesi del Nord hanno nelle loro istituzioni politiche e nei loro politici.

Seduta della Camera dei Comuni - Westminster
Le conseguenze immediate della Brexit
1.      Rinnovo della leadership politica interna. Il primo ministro conservatore, David Cameron, si è dimesso ed è stato sostituito da Theresa May. Il capo dell’opposizione laburista, Jeremy Corbin, è stato sfiduciato dai parlamentari laburisti, ma non vuole mollare, forse perché in cuor suo è soddisfatto del risultato, ma sarà sostituto non appena un pretendente si porrà a capo della fronda maggioritaria. Il capo del partito per l’indipendenza del Regno Unito (UKIP), Nigel Farage, si è dimesso avendo raggiunto il suo obiettivo politico.
2.      Crisi economica. Le borse europee e mondiali hanno bruciato miliardi di capitalizzazione. La sterlina è crollata ai minimi storici. Sembra che migliaia di Aziende sposteranno le loro sedi da Londra in paesi della UE.
3.      Crisi del progetto europeista. La UE, stralunata per il ceffone ricevuto, non sa che pesci pigliare, non avendo un piano B; per ora minaccia una separazione dolorosa, facendo la voce grossa per impaurire i Popoli europei tentati dall’uscita (Paesi Bassi, Francia, Austria), peggiorando la grave crisi politica in cui versa da tempo.


Nigel Farage & Boris Johnson - David Cameron & Jeremy Corbyn
Riflessioni sulla vittoria della BrExit
1.      Riflettere è necessarie soprattutto per noi Italiani, da sempre infatuati dall’Europa ed europeisti ad oltranza e in modo acritico. Riflettere per valutare pro e contro di entrambe le opzioni e smascherare l’inconsistenza degli slogan ripetuti da entrambi gli schieramenti.
2.      La sberla alla UE è stata sonora e per me salutare, ma non credo che la UE sappia farne tesoro, chiusa com’è nella convinzione di essere dalla parte giusta della storia e che il progetto europeista sia una sorta di destino ineluttabile. Non è così. Non è detto che la storia sia destinata comunque al meglio. La lunga guerra civile europea (1914-45) lo dimostra.
3.      Sarebbe, invece, necessario che la UE facesse un severo esame di coscienza, una sana autocritica per poter correggere i propri errori che allontanano i Popoli europei dal progetto politico europeista, proprio per la sua importanza.



Ecco quelli che ritengo errori della UE
1.      Crisi etico-spirituale
a.       Non aver voluto riconoscere tra le proprie radici storico-culturali il contributo essenziale e ancora vitale del cristianesimo. Gravissimo errore se si considera che l’Europa esiste solo come realtà culturale, plasmata dal cristianesimo, mentre geograficamente non è, essendo solo l’appendice occidentale dell’Eurasia.
b.      Aver sostituito l’amore ed il rispetto per la propria identità culturale, con un multiculturalismo vuoto e con l’insulsa neolingua dettata dal politicamente corretto. Questa crisi d’identità rivela la debolezza etico-spirituale europea, incapace di integrare i milioni di migranti extraeuropei di cui i principali paesi europei necessitano per la tragica crisi demografica che li colpisce (Germania, Italia, Francia, Spagna).
c.       Non riconosce come uno dei problemi principali la gravissima crisi demografica europea: capovolgimento della piramide demografica; riduzione del tasso di fecondità sotto il minimo di mantenimento pari a 2,1 figli per donna in età fertile; siamo popoli vecchi e di vecchi e come tali il nostro destino, ahimè, è quello del vecchio: morire. Ma si può accettare di morire se si hanno buoni motivi per vivere. E questo manca ai popoli europei: non sappiamo più perché vivere.
d.      La UE si è ridotta a mastodonte burocratico, privo di legami politici coi Popoli europei, dove comanda il più forte in barba alle regole comuni. Bruxelles tratta i Popoli europei come dei minorenni maleducati che devono approvare ciò che la UE ha deciso, oppure subire decisioni in contrasto con la propria cultura e identità. Alcuni esempi. Nel 1992 i Danesi hanno bocciato il Trattato di Maastricht (51 a 49), per venir piegati nel 1993. Nel 2008 gli Irlandesi hanno bocciato il Trattato di Lisbona (53 a 47), ma l’anno dopo sono stati piegati. Nel 2003 le sanzioni previste per chi supera il rapporto deficit/PIL del 3% per due anni consecutivi non sono state applicate ne alla Germania, ne alla Francia. La Germania dal 2002 ha un surplus commerciale, cioè esporta più di quello che importa, violando la regola europea che prevede surplus max del 6% in un triennio. La lezione è chiara: la UE è dura coi piccoli paesi (Grecia, Irlanda, Danimarca, Portogallo, Spagna, Cipro) e debole coi forti (Germania, Francia) che comandano.


Cristianofobia europea
2.      Materialismo economico
a.       L’economia è importante, ma non è tutto. L’economia è tutto per i due gemelli siamesi del XIX-XX, il Marxismo ed il Capitalismo. I soldi sono necessari, ma solo se si hanno dei buoni motivi per usarli, altrimenti si è usati dal denaro. La UE ha ridotto il progetto europeista al solo aspetto economico e nemmeno in modo completo, mancando l’unione bancaria (osteggiata da Berlino) e fiscale (osteggiata da molti paesi). L’unione economica senza unione politica e culturale può funzionare solo in periodi di crescita economica, ma non in periodi di grave crisi economica, quando bisogna mettere mano al portafoglio per aiutarsi in nome dei valori di identità comune e solidarietà.
b.      Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, la Germania Federale guidata da Helmut Kohl ottenne l’assenso del presidente francese Mitterand alla riunificazione tedesca, a patto di rinunciare all’indipendenza monetaria del Marco per l’unione monetaria dell’Euro, e così vincolare la Germania all’Europa. Ma ciò avvenne senza quei vincoli politico-istituzionali proposti da Jacques Delors, allora presidente della Commissione Europea e bocciati dalla UE, allora formata da 12 Paesi, e poi irrimediabilmente ingolfata dall’allargamento a 25 Paesi del 2004, promosso da Romano Prodi.
c.       Nel 2011 è esplosa la crisi greca di cui sono responsabili i politici greci e le banche europee, ma il conto salato lo sta pagando solo il popolo Greco. I politici greci hanno illuso i propri cittadini di poter vivere al di sopra delle proprie possibilità, e hanno pure imbrogliato i partner della UE con numeri falsi sul proprio bilancio. Le banche europee, le più esposte erano francesi e tedesche, hanno concesso prestiti senza valutare correttamente la solvibilità del debitore e senza ottenere adeguate garanzie. Anziché essere duramente sanzionate dal mercato e dagli organi di vigilanza, state graziate dai rispettivi Governi nazionali perché troppo grosse per fallire che hanno acquistato i crediti concessi alla Grecia.

3.      Mancanza di Una Politica Estera Comune e di una Difesa Comune
a.       Il terzo pilastro della UE, la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PECS) è un fallimento che rasenta il ridicolo, quando la UE viene rappresentata non da un solo rappresentante, bensì dai 3 presidenti + 1 (Commissione, Consiglio e Parlamento + mister PECS). Cosicché a livello internazionale non c’è la voce della UE, nonostante i 3+1, ma la voce e gli interessi dei quattro maggiori paesi europei, Francia e Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Germania e Italia membri del G7/G8.
b.      Non ha saputo favorire la pacifica dissoluzione della Federazione Yugoslava, ma con il precipitoso riconoscimento diplomatico di Slovenia e Croazia da parte della Germania, ha invece favorito il risveglio dei demoni nazionalisti nei Balcani. Di fronte alla pulizia etnica di tutti contro tutti, la UE non è stata capace di intervenire con la forza per imporre tregua e pace. Ha favorito e approvato la modifica unilaterale dei confini di uno stato sovrano, la Serbia, privata del Kosovo, grave precedente che giustifica l’annessione della Crimea alla Russia. Non ha saputo coinvolgere in una partnership la Russia, contro la quale è impantanata in reciproche sanzioni economiche, in seguito alla mala gestione della questione ucraina.


I 3 Presidenti della UE + Mrs. PECS:
Jean-Claude Juncker, Martin Schulz, Donald Tusk, Federica Mogherini
Conclusioni
Non credo che la UE sia in grado di uscire dalla crisi in cui versa da decenni e che la BrExit ha solo reso palese. Non lo credo perché mancano leader politici all'altezza della situazione. Manca una valutazione sobria e condivisa della realtà, che sappia coniugare realismo e profezia.
Non lo crede più nemmeno la Chiesa Cattolica che con il pontificato Bergoglio, il papa preso dalla fine del mondo, ha abbandonato il rapporto privilegiato con l'Europa, da lei partorita, per andare verso le periferie del mondo e dedicare le proprie energie alle Chiese emergenti dell'Africa, dell'Asia, dell'Oceania e forse delle Americhe.
L'Europa o riscopre la propria identità radicata nel cristianesimo, e sostanziata nel dialogo tra Bibbia e Filosofia, tra Fede e Ragione, tra Gerusalemme, Atene e Roma, oppure è spacciata, finita. Questa è stata la visione profetica di san Giovanni Paolo II e l'insegnamento di Benedetto XVI. Ma appunto, fu.

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