lunedì 10 gennaio 2011

Riflessioni ermeneutiche sul Concilio Vaticano II

Opportunità del Concilio?
Il Concilio Vaticano II è stato senza dubbio opportuno per i seguenti motivi, tra loro intimamente connessi:
1.      Completare il lavoro iniziato dal Concilio Vaticano I. Infatti, il 18 luglio 1870 esso venne aggiornato per l’imminente inizio della guerra franco-prussiana che ebbe inizio il giorno successivo; poi, alla presa di Porta Pia (20 settembre 1870), fu sospeso sine die. Cosicché la Pastor aeternus  si limitò a trattare del primato petrino e del magistero infallibile del Romano Pontefice. Il suo titolo ufficiale: “Prima costituzione dogmatica sulla chiesa di Cristo” con l’attribuzione dell’aggettivo ordinale “prima” alla costituzione, afferma esplicitamente che il Concilio era intenzionato ad emanare come minimo un’altra costituzione sullo stesso tema; implicitamente se ne deduce che l’insegnamento dogmatico sancito dalla Pastor aeternus è incompleto. Esso sarà progressivamente integrato dal magistero sia pontificio con l’enciclica Mystici Corporis di Pio XII, sia conciliare con la Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium.
2.      Per completare l’opera del Vaticano I andavano riconosciuti, valutati ed assunti i diversi fermenti di rinnovamento che animavano la teologia e la vita della Chiesa. Con la Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia di Pio XII (1947) era stata riconosciuta la possibilità della consacrazione a Dio pur restando nel mondo, forma di vita degli Istituti secolari. Sempre su iniziativa di Pio XII, con l’enciclica Fidei Donum (1957) era iniziata la condivisione del clero tra Chiese diocesane. Inoltre i movimenti biblico, liturgico e patristico propugnavano un ritorno alle fonti per il rinnovamento della vita della Chiesa a favore del mondo contemporaneo, come era visibile dalla primavera missionaria. Infine la Chiesa Cattolica doveva prendere posizione sul neonato movimento ecumenico (1910 conferenza di Edimburgo, 1948 nascita della CEC alla conferenza di Amsterdam).
A proposito dell’opportunità o meno di un Concilio, i romani pontefici san Pio X e il venerabile Pio XII avevano preso in considerazione la possibile convocazione di un Concilio, reputandolo anch'essi opportuno.

Ecclesia semper reformanda
C’era, c’è ancora e sempre ci sarà bisogno di rinnovamento o riforma della Chiesa. Il beato Giovanni XXIII ne parlò usando il termine alquanto riduttivo di “aggiornamento”, una formulazione sicuramente riduttiva della perenne necessità di conversione al Signore.
Fino alla fine del mondo siamo sotto il giudizio di Dio, quando, imitando i progenitori, vogliamo sottrarci al giudizio divino rendiamo definitivo il nostro status di peccatori, confermando l’idolatria insita in ogni peccato con l’orgoglio di sfuggire al giusto Giudice.
Rimanere sotto il giudizio di Dio significa vivere la perenne chiamata alla conversione: solo Dio è eterno ed immutabile e solo chi fa la sua volontà rimane in eterno, tutto il resto è transitorio e merita di durare finché serve a condurci a Dio.
Questo criterio di giudizio vale sia per il mondo che per la Chiesa; per tutte le riforme e le scelte di ieri, oggi e domani. Criterio che condanna senza appello la notevole burocratizzazione della Chiesa, frutto del clericalismo imperante oggi, sia nella chiesa che nella società.

La pastorale, ovvero il buco nero della Chiesa contemporanea
Cos’è la pastorale?
Etimologicamente deriva dal sostantivo pastore, nome biblico per indicare Dio che custodisce, veglia e guida il suo popolo e per chiamare quegli uomini che Egli sceglie per continuare lungo la storia il suo custodire, vegliare e guidare il popolo di Dio: profeti, giudici, re e sacerdoti, e in Gesù suo Figlio, Agnello di Dio e buon Pastore, apostoli, profeti, vescovi, presbiteri e diaconi. La pastorale è quindi l’arte di guidare, vegliare e custodire il gregge, arte che riguarda esclusivamente i Ministri ordinati, la Gerarchia della Chiesa.
Allora, di grazia, perché oggigiorno quasi tutto nella Chiesa ha assunto la qualifica di pastorale? Consigli pastorali a tutti i livelli (parrocchiale, zonale, diocesano, nazionale), corsi di formazione per operatori pastorali. Se quasi tutto è pastorale significa che quasi tutto è clericale, cosa che di fatto è vera con il clericalismo che affligge molti laici impegnati e che si riflette anche nel suo contrario, la laicizzazione di parte del clero. Certamente questa confusione dei ruoli è anche conseguenza della più generale liquidità della società contemporanea, caratterizzata dalla non differenziazione tra l’uomo e la donna, colpita dalla indifferenza che secondo la beata Teresa di Calcutta è la malattia spirituale odierna.
Il pastoralismo è il segno della clericalizzazione della Chiesa, della sua riduzione a mero organismo burocratico. Se poi si considera tale involuzione burocratica di fatto della compagine ecclesiale nonostante la riscoperta dell’ecclesiologia di Comunione, non fa che confermare la diagnosi formulata decenni orsono dal Balthasar sulla deleteria scissione tra il pensare (teologia) e l’essere (mistica), da cui consegue la separazione tra dogmatica e morale.
Quindi il pastoralismo non è una malattia recente della Chiesa, non è dovuto al Vaticano II, ma ha radici che affondano nei secoli e che si manifestano lungo la storia della Chiesa. Già il beato Antonio Rosmini nell’opera Delle cinque piaghe della santa Chiesa (1848), aveva indicato quali malattie affliggevano la santa Chiesa e quali rimedi per curarla. Venendo ai giorni nostri la degenerazione del pastoralismo che colpisce la Chiesa è evidente già con il beato Giovanni XXIII che convocò il Concilio con l’intenzione di attuare un deprecabile perché mero “aggiornamento pastorale” della Chiesa. A mio avviso è proprio l’indole pastorale del Vaticano II il limite da lasciar cadere perché ne emerga il dato dogmatico, o meglio, l’indole misterica o storico-salvifica.
Come ha indicato e fatto il padre Balthasar, bisogna superare la separazione tra la teologia e la mistica, cui seguì la scissione tra dogmatica e morale. Va recuperata l’integrità propria della predicazione apostolica tra l’annuncio del kerygma, la spiegazione del dato dogmatico e l’esortazione morale o parenesi, il tutto plasmato dall’humus orante.
Do un giudizio negativo a tutto ciò cui viene attribuito l’attributo di pastorale, ivi compreso il carattere pastorale del Concilio vaticano II. Esso è un Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica, né migliore né peggiore degli altri, uno dei tanti. Non è l’evento del XX secolo. Per i cristiani l’Evento è uno solo: Gesù Cristo, ieri, oggi, sempre.
L’evento storico del XX secolo è l’omicidio sistematico alimentato dall’odio e dal disprezzo per la vita umana. Esso è stato realizzato in vari modi: genocidi Armeni, Greci ed Assiro-Caldei ad opera degli ottomani (1915-23), stragi e carestie ad opera dei regimi comunisti in Russia (anni ‘30), Ucraina (1932-33), Cina (1956-61), Cambogia (1975-79), i genocidi di Ebrei, Zingari e Slavi ad opera del regime nazista (1938-45), i genocidi Hutu e Tutsi nella regione dei grandi laghi (1972, 1994), la strage dei bambini non nati con il ritorno dell’aborto e l’eutanasia con cui si eliminano ammalati, disabili, anziani. L’odio per la vita e la persona umana è stato giustificato e promosso da diverse correnti di pensiero: nazionalismo, materialismo ateo comunista , paganesimo panteista nazista, scientismo biologi sta, e realizzato su scala industriale con gli ausili della moderna Tecnica, vero e proprio idolo d’oggi. Si realizza così l’incubo narrato da Aldous Huxley ne Il nuovo mondo.
Da questo punto di vista l’unica Costituzione del Vaticano II formalmente qualificata come pastorale, la Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo, più conosciuta come Gaudium et Spes, va liberata dai limiti pastorali per recuperarne la schietta ed importantissima dimensione dottrinale immutabile. Essa si situa dentro il solco della Dottrina sociale della Chiesa inaugurata dalla Rerum Novarum di Leone XIII e ampiamente sviluppata dai pontefici nel XX secolo ed in particolare da Paolo VI con Humanae Vitae e da Karol il grande nel suo vasto magistero sulla dignità della persona umana dal concepimento alla morte naturale.

Logorrea
È una delle malattie spirituali che affligge la Chiesa, patologia che l’affligge da anni, già con il pontificato di Pio XII e dalla quale non è esente nemmeno il Concilio Vaticano II, con i troppi documenti emanati, troppo lunghi che diedero il la al diluvio di parole che dopo il Concilio il Magistero ecclesiale ha inondato la Chiesa ed il mondo, per altro sempre meno attenti ad ascoltarle.
L’allora card. Ratzinger aveva posto la questione dei troppi documenti ufficiali prodotti dalla Chiesa, ma senza approfondire la questione. Per fortuna il Popolo di Dio non vive dei documenti prodotti dalla burocrazia ecclesiale, composti per lo più con un linguaggio proprio da iniziati, il cosiddetto ecclesia lese. Speriamo li ignorino per potersi dedicare all’ascolto della Parola di Vita che è Gesù Cristo.
Le troppe parole umane proprie della logorrea, oltre che segno tipico di alcune malattie mentali, è anche malattia dello spirito dovuta all’incapacità di tacere e alla mancanza di discernimento tra:
a.       le cose che devono essere dette
b.      le cose che possono esser dette
c.       le cose che devono esser taciute
Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8) Con questa domanda Gesù conclude la parabola del giudice e della vedova che ha per oggetto esplicito: “la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai” (Lc 18,1). La fede è viva finché il credente prega, dato che il dialogo tra Dio e l’uomo iniziato da Dio rivolgendo all’uomo la sua Parola, prosegue solo se l’uomo risponde a Dio, rivolgendosi a Lui nella preghiera. La preghiera è tutta qui: ri-volgersi a Dio.
La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rom 10,17). L’apostolo Paolo ha evidenziato la necessità di annunciatori del Vangelo, fedeli alla tradizione ricevuta (1Cor 15,3), ma va altresì evidenziato il versante complementare della necessità di tacere per ascoltare la Parola annunciata. Il Silenzio non si limita al dato fisico ed esteriore, necessaria e benefica assenza di rumori, suoni , musica e parole. A questo primo livello di silenzio deve seguire il silenzio del cuore e della mente.

La crisi della Chiesa
La crisi della chiesa non può esser dovuta ad una sola causa (lo spirito del Concilio). Questa è una diagnosi semplicistica che si riposa comodamente nel gettare tutte le colpe su di un fantomatico spirito del Concilio. La Chiesa è fino alla fine del mondo in crisi perché sotto il giudizio di Dio. La crisi non è una maledizione da fuggire, ma una benedizione di Dio da far fruttare.
Lo spirito del Concilio è una definizione equivoca da precisare. Intesa come intenzione di una lobby, va esclusa come partigiana e non cattolica. Lo spirito conciliare non è antitetico alla lettera dei documenti conciliari, come lo Spirito di Dio non è in antitesi con la sacra Scrittura da esso ispirata. La lettera è la prima espressione formale e formata dello spirito, senza la quale lo Spirito sarebbe solo vento, uragano di bufera che spazza la superficie caotica ed informe dell’abisso liquido delle origini (Gen 1,2).
Il testo fa testo, il testo discusso, emendato, approvato e promulgato. Il Concilio Vaticano II come tutti i precedenti, come la Chiesa di cui è espressione, non è il sovrano dello Spirito Santo, viceversa è vero il contrario, che la Chiesa è dominata dallo Spirito di Dio, alla cui autorità si appellano i Concili da quello di Gerusalemme in poi: “lo Spirito Santo e noi …” (At 15,28).
Io trovo che una delle possibili cause, non l’unica e forse nemmeno la principale, della presente crisi della Chiesa è il rifiuto pregiudiziale di condannare l’errore/gli errori. Tale rifiuto ha lasciato entrare nella chiesa, per sua natura infallibile nel credere e conoscere la Verità salvifica, l'errore del relativismo.
Errore subdolo e doppiamente falso, perché si nasconde dietro una maschera di correttezza, di equità, di apertura e di misericordia verso gli erranti. Ma una cosa è accogliere chi sbaglia, altro è accogliere e quasi santificare lo sbaglio! Il male va sempre condannato, odiato e rifiutato. All’errore va sempre detto un no forte e chiaro. Il fatto che Dio riesca a scrivere diritto sulle nostre righe storte e a trarre del bene anche attraverso le nostre cattive azioni, non significa che il male equivale al bene, oppure che il falso è relativo al vero.
Nella Chiesa il relativismo, oltre che di sentimenti untuosi di amore falso, s’esprime con il linguaggio oscuro ed allusivo, così generico e vago da esser capace di affermare e negare lo stesso principio, sontuosamente annegando dentro ipotetiche e secondarie. Oppure si omette di dire a chiare lettere ciò che il mondo non vuole sentirsi dire. Il mondo pagano e scristianizzato che sta contro la Chiesa ed il mondo che abita dentro il cuore dei credenti.

Nessun commento:

Posta un commento