mercoledì 2 marzo 2011

Ecclesiologia architettonica 1. Il Copyright

Nel numero 629 de Il Covile ho letto con molto interesse l'intervento di Ciro Lomonte, dal titolo "Quale idea di Chiesa nelle chiese contemporanee". Tema prettamente teologico trattato secondo la particolare prospettiva offerta dalla architettura sacra contemporanea. Tema che richiede di comporre due distinte discipline: la teologica, cui compete la riflessione sull'idea di Chiesa che gli edifici sacri contemporanei esprimono e plasmano, e le discipline artistiche alle quali compete, invece, l'analisi ed il giudizio estetico degli edifici.

La relazione tra ecclesiologia ed architettura è complessa e non ho la pretesa di affrontarla, solo la necessità di mettere alcuni punti fermi.

Chagall, Abramo e i tre Angeli

Il primo e preliminare punto fermo riguarda chi detiene il copyright dell'idea di Chiesa, copyright che è esclusivamente di Dio. Nella sua mente Dio l'ha concepita fin dall'eternità, per poi concretamente realizzarla nella storia di salvezza e come storia della salvezza, il cui inizio è la creazione, letta in chiave cristologica grazie alla pasqua di Gesù. Il mistero pasquale è l'unico criterio ermeneutico cristiano, come afferma il Risorto: "Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture" (Lc 24,45-46).

Il primo racconto della creazione (Gen 1,1-2,4a) celebra l'opera creatrice fatta da Dio attraverso il suo Verbo, opera che consiste di una duplice cattedrale nella quale si celebra la liturgia cosmica: la cattedrale secondo l'ordine spaziale e la cattedrale secondo l'ordine temporale. Mentre la prima cattedrale principia dalla Luce (Gen 1,3-5), creatura primigenia che corrisponde al Risorto, primogenito dai morti, la seconda cattedrale orienta il tempo al settimo giorno, lo Shabbat (Gen 2,1-4a).

Tale opera crea lo spazio del mondo ben distinto per piani, cielo - terra - abisso (Gen 1,1-10), piani ornati e riempiti con ogni tipo di creature (Gen 1,11-31). I tre piani in cui viene ben distinto il mondo, corrispondono ai tre piani dell'Arca di Noè (Gen 6,19), alla triplice articolazione del tempio salomonico, distinto in Ulam/Vestibolo, Ekal/Aula o Santo e Debir/Sacrario o Santo dei Santi (1Re 6) e delle Basiliche paleocristiane distinte in Nartece, Navata e Presbiterio.
Infine tale struttura ternaria, prima cosmica, poi navale, quindi architettonica si riflette e si compie nella persona umana, così come ce la descrivono taluni passi biblici, dove al tradizionale binomio "anima & corpo" viene aggiunto un terzo elemento, variabile: mente (Sap 9,15), spirito (1Tes 5,23), cuore (Sal 16,9), pervenendo così ad una antropologia tripartita.
Tale antropologia tridimensionale giustifica la visione dell'uomo come microcosmo e del cosmo come macro-antropo, nella quale cosmo, tempio ed uomo si intersecano l'uno nell'altro, come templi del Dio vivente, come scrive l'apostolo delle genti. "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Cor 3,6).


Circa la storia degli effetti di questa visione antropologica accenno soltanto a due sviluppi. Il primo riguarda la gestualità del saluto. In occidente ci si stringe la mano, gesto con il quale reciprocamente ci si mostra disarmati e perciò non ostili, ma amichevoli; in oriente si congiungono le mani nel gesto della preghiera inchinandosi l'uno all'altro per riverire la divinità presente nell'altro; il gesto dell'inchinarsi di fronte alla maestà cristica di ciascun ospite è prescritta da san Benedetto nella sua Regola: "adorando in loro, con il capo chino o il corpo prostrato a terra, lo stesso Cristo, che così viene accolto nella comunità" (53,7).
Il secondo sviluppo lo troviamo nel tema mistico dell'inabitazione, com'è descritto magistralmente da s. Teresa di Gesù nel Castello interiore; padre Sicari, in un breve e pregevolissimo commento, lo pone a confronto con il Castello di Kafka, facendone emergere le differenze abissali sulla base della comune dimora umana (Sicari A.M., Fortezze accessibili. Dall'estraneo castello di Kafka al castello interiore di s. Teresa d'Avila, Ed. OCD). Kafka descrive esattamente la condizione umana contemporanea, condizione di estraneità e impotenza che in Pirandello diventa condizione spaesata e frantumata, appunto perché l'uomo è fuori di sé. La possibilità di rientrare è data nella conversione, come scrisse sant'Agostino nella celebre preghiera: "Bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! Tu eri dentro di me ed io stavo fuori" (Confessioni X,27).
L'opera creatrice, nel suo dipanarsi dalla luce (prima creatura) al riposo sabbatico (ultimo atto creatore), crea il tempo adoperando contrappuntisticamente due registri: il primo è un registro binario, ritmato dal regolare succedersi del "E fu sera e fu mattina" (Gen 1,5.8.13.19.23.31), corrisponde al cantus firmus, cui si contrappone il secondo registro, il ritmo ebdomadario della settimana che fin dal principio orienta il tempo al culto in spirito e verità (Gv 4,21-24) come al suo fine ultimo.

Anche se in Gen 1 non si parla esplicitametne della Chiesa, in accordo con l'esegesi patristica del brano (Origene, Agostino, Crisostomo), è possibile intravedervi i lineamenti della sponsa Verbi. Si delinea così una ecclesiologia cosmica ed apocalittica che attraversa tutti i tempi e tutti gli spazi fino all'approdo definitivo nel grembo della Trinità, quando il Figlio, dopo aver sottomesso a sé ogni cosa: "si sottometterà a Dio, affinché Dio sia tutto in tutti" (1Cor 15,28).
I due percorsi possibili formano una parabola. Il primo percorso, dall'ecclesiologia all'architettura, perché un'idea di Chiesa è presupposta dal progetto architettonico, nella cui concreta esecuzione s'incarna. Il secondo percorso, dall'architettura all'ecclesiologia, poiché le concrete chiese edificate trasmettono nel tempo e nello spazio quell'idea di Chiesa presupposta, informando ad essa la Chiesa che in essa si riunisce per la Liturgia. Infatti, l'edificio sacro nella sua materialità spirituale, quale ambiente architettonico in cui si svolge la vita liturgica della Chiesa, fa parte della dimensione immediata della Liturgia, contribuendo a plasmarla.

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