lunedì 14 marzo 2011

Quaresima 1. Come Davide

Prima domenica di quaresima, anno A
Gen 2,15-17; 3,1-13 * 1Cor 10,1-13


Botticelli, Le tentazioni di Cristo

   Gesù è tentato dal diavolo, proprio come noi. Ergo non siamo soli nemmeno quando siamo tentati, Gesù è con noi che siamo tentati, tentato.
   Gesù lotta con il diavolo per noi, per insegnarci come vincere le sue tentazioni. Gesù vince grazie a ciò che "sta scritto", ... non di solo pane (Dt 8,3), non metterai alla prova... (Dt 6,16), il Signore adorerai... (Dt 6,13)" e alla fine della lotta può dire a Satana: "Vattene!"

Durer, Adamo ed Eva (1504)

   Anche il diavolo, poverino, ha cercato di usare la sacra Scrittura per tentare Gesù, quando, dopo averlo portato sul pinnacolo più alto del tempio, gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù, sta scritto infatti: Ai suoi angeli... (Sal 91,11-12)".
   Molti anni prima di allora, secoli e millenni orsono, il diavolo aveva avuto la prima vittoria, quella originale,  grazie alla sua astuzia proverbiale, inventando le caramelle avvelenate. Ripeteva le parole di Dio, dolci e buone come le caramelle, ma le alterava, rendendole così amare e mortali come il veleno.
   Aveva incontrato la Donna, la prima che poi fu chiamata Eva, alla quale aveva chiesto se era vero che Dio aveva vietato di mangiare di tutti gli alberi del giardino. Il diavolo, poverino, ama il divieto assoluto di mangiare, poiché lui essendo puro spirito non ha mai bisogno di magiare, mentre noi che siamo, per nostra fortuna, anime incarnate viviamo nel bisogno di nutrirci. Donna Eva, presa alla sprovvista, cercò di ricordarsi il racconto che gli aveva fatto poc'anzi il suo Adamo e veloce a parlare come poi tutte le sue figli, corresse il grosso e palese errore commesso astutamente dal diavolo: "Dei frutti degli alberi noi possiamo mangiare" (Gen 3,2). Fin quì tutto bene e allora continuò sicura: "ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto..." e si fermò un attimo dubbiosa, oddio, non ricordo quale dei due alberi, ma oramai devo finire la frase troppo frettolosamente iniziata, imparerò mai a tacere e a non rivolgere la parola ai rettili, ma appunto, è solo un rettile, e concluse rapidamente, proprio come aveva iniziato: "... non dovete mangiarne e non lo dovete toccare" (Gen 3,3). Donna Eva così corresse rapidamente pure il Padre Eterno, aggiungendo al divieto unico: "Non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male" (Gen 2,17), anche il divieto di toccare, così trendy, così spirituale non sporcarsi le mani toccando la squallida e un po' volgare creazione materiale!
   Lo spiritualismo del diavolo ascetico digiunatore, ha già fatto un'adepta ma con una aggravante. Agli occhi di Eva, Dio è la fonte dei divieti, anche del secondo che in verità è solo farina del suo sacco. Donna Eva ha così costruito il primo idolo. Così ebbe inizio la tradizione degli uomini, tanto esecrata da Gesù (cfr. Mt 15,1s) perché è una spietata concorrente del comandamento di Dio che è uno solo: "Io sono il Signore tuo Dio" (Dt 6,13), tu sei la mia creatura.
   Adamo, come spesso nella storia, fa la figura del bambo. A differenza della loquacissima compagna, non dice nulla e tace, eppure proprio lui è l'unico testimone diretto del comandamento di Dio. Quello sarebbe il momento per ricordare le parole che Dio ha dette proprio a lui, rammentare la Parola e dirla ai due esseri che stanno adulterando Dio riducendolo ad un idolo muto, al quale Adamo tacendo assomiglia sempre più. Tace e mangia ciò che lui sa esser vietato da Dio. La donna che avrebbe dovuto tacere parlò, mentre l'adamo che doveva parlare tacque! Il silenzio e la quasi assenza di Adamo, significano la perdita della memoria di Dio: Adamo tace perché non fa memoria della Parola del Signore, l'unico alimento che sazia la fame dell'uomo.

Piazza di Spagna, re Davide

   Se Adamo dimentica la Parola di Dio ed Eva adultera il Comandamento, il salmo responsoriale odierno apre alla speranza con l'umile re Davide che nel Miserere raggiunge uno dei vertici della poesia religiosa mondiale. Quando il profeta Natan andò da lui, a nome e per conto del Signore lo riprese, gli ricordò la Parola di Dio e Davide davanti al Signore fa il giudizio di sé, riconosce il suo peccato e senza ritegno, senza paura lo confessa al Signore: "Pietà di me, o Dio, nel tuo amore" (Sal 51,3).
   La figura di Davide è la più importante. Sottoposti alla tentazioni, possiamo cadere, come in realtà capita spesso, ma non sono le mille cadute che contano, quanto la risposta che diamo ai nostri e altrui fallimenti. Non rinchiudiamoci come Adamo ed Eva nello sterile gioco dello scarica barile, prendiamo su di noi le nostre colpe come Davide e chiediamo pietà a Colui che può perdonarci perché ha vinto Satana.
Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere  (1Cor 10,13)

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