sabato 5 marzo 2011

Ecclesiologia architettonica 3. Non solo Calvino

Il terzo punto fermo da ristabilire è sui generis poiché non si limita ad affermare una verità, ma deve condannare l'errore corrispondente. Per continuare a vivere non è sufficiente  limitarsi ad affermare semplicemente la liceità  della venerazione delle sante Immagini,  ma si deve nuovamente condannare l'iconoclasmo contemporaneo. Ciò significa da un lato la condanna delle chiese iconoclaste in quanto eretiche e dall'altro la realizzazioni di chiese ortodosse perché iconodule.
L’iconoclastia è un’eresia cristologica che fu condannata grazie alla professione della retta fede da parte del secondo Concilio di Nicea, ivi celebrato nel 878. Il riconoscimento dell’ortodossia degli iconoduli, accompagnato dalla condanna degli iconoclasti quali eretici, giunse al termine di una dura e lunga lotta politico-teologica, vittoria celebrata annualmente nel calendario liturgico orientale la prima domenica di Quaresima, detta domenica dell’Ortodossia. I documenti conciliari del Niceno II hanno faticato ad essere accolti dalle Chiese d’Occidente, non solo per una prima erronea traduzione latina dei suoi Atti, svolta dalla corte di Carlo Magno, quanto per la diversa comprensione culturale dell’immagine, terreno culturale nel quale crebbe la mala pianta della separazione, culminato poi nello scisma tra Roma e Costantinopoli del 1054.


Katolichon del Monastero di Stavronikita, Monte Athos
     L’Oriente riconosce nell’immagine una presenza sacra, decrittata e operante sulla base di due distinzioni fondamentali. La prima di tipo filosofico-teologico distingue tra l’immagine ed il Prototipo che è il Verbo di Dio incarnato, del quale si deve predicare realmente tutto ciò che riguarda Gesù, vale a dire che è trasfigurato, morto, disceso agli inferi, risorto e asceso al cielo. Grazie all’Incarnazione del Figlio di Dio la natura divina, di per sé incircoscrivibile, si è autocircoscritta nella natura umana, con la quale ora forma una sola ed unica Persona perfetta, ovvero formata di due nature dotate di due volontà e due energie. In virtù di tale unione ipostatica tra la divinità e l’umanità, la natura umana per natura rappresentabile, rappresenta non solo se stessa, ma la reale unione ipostatica del Verbo incarnato, viceversa l’unione sarebbe solo morale o fittizia. Geniale superamento del monismo idolatrico, incapace di distinguere la rappresentazione di Dio da Dio stesso. La seconda distinzione di tipo liturgico-spirituale, discerne tra latria, adorazione dovuta esclusivamente a Dio, e dulia, venerazione offerta ai Santi, alla santa Croce e al santo Vangelo, permettendo così la formazione del culto delle sante Immagini o Iconodulia.

Protaton, Monte Athos
     L’Occidente, viceversa, non percepisce nessuna presenza nell’immagine, ma si limita a usarla quale strumento d’istruzione degli incolti (Bibbia pauperum). In Occidente, dopo il culto per le reliquie dei Martiri e dei Santi, dalla carnalità incancellabile, non si sviluppò alcun culto delle sante Immagini, poiché ridotte a mero strumento didattico. Perciò, presso i colti e presso i letterati si è saltuariamente verificato un ritorno dell’iconoclastia, alimentato ora da scelte pauperistiche (Savonarola), ora da precise scelte ascetico-contemplative (san Bernardo), ora da scelte contrarie alla cultura visiva (Calvino). Calvino non è solo, si trova in buona compagnia, purtroppo. Bisogna andare alla radice dell’incomprensione occidentale del dettato dogmatico dell’ultimo dei sette Concili Ecumenici della Chiesa indivisa, il Niceno II (878), al fine di permettere anche all’Occidente di riconoscere nelle sante Immagini la presenza percettibile del Verbo incarnato, non solo la catechesi adeguata agli analfabeti, non essendo più questa la condizione del popolo cristiano.
     La dottrina iconoclasta, come tutte le eresie, non è debellata una volta per sempre. Ogni generazione cristiana deve far proprie le conquiste compiute dalla vivente Tradizione della Chiesa. Nelle Chiese occidentali è in auge e di gran moda l’iconoclastia; la si può vedere all'opera in queste chiese contemporanee esemplari per iconoclastia.


Le Corbusier, Notre Dame du Haut, Ronchamp
 Sono costruzioni vuote, immateriali e senza tempo. Ma il Dio cristiano non parla così, come sta scritto nel libro del profeta Isaia: "Non ho detto alla discendenza di Giacobbe: "Cercatemi nel vuoto!". Io sono il Signore, che parlo con giustizia, che annuncio cose rette" (Is 45,19).

Aalto, santa Maria Assunta, Riola di Vergato
     Il rifiuto dei colori e delle forme che contraddistingue queste costruzioni, esprime il rifiuto del creato di Dio nella sua materialità carnale, vegetale, minerale e perciò anche luminosa.


Fuksas, san Paolo, Foligno
    

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